sabato 14 settembre 2013

IL DISCORSO DELL'ON. LORENZO CESA ALL'APERTURA DELLA FESTA DELL'UDC A CHIANCIANO TERME

Buon pomeriggio a tutti e grazie per essere venuti a questa Festa Popolare.
So che c’è molta attesa e anche grandissima curiosità per questo nostro appuntamento di metà settembre. Forse perfino più chenegli anni passati e questo è un segnale molto incoraggiante per tutti noi dopo i momenti difficili che abbiamo attraversato in occasione delle ultime elezioni. Voglio ringraziare in primo luogo le istituzioni locali, che con la loro splendida ospitalità ed efficienza riescono ogni anno a farci sentire sempre come a casanostra qui a Chianciano: il sindaco Ferranti, il presidente delle Terme Cassi. Ma un grande applauso vorrei dedicarlo anche ai nostri amici dell’Udc locale, rappresentati dal segretario provinciale di Siena De Santi, dal segretario regionale della Toscana, l’amico Zirri. 

E poi a tutto lo staff, a partire dai nostri straordinari giovani volontari, che in queste settimane si sono impegnati al massimo per garantire un livello altissimo dei lavori di questa festa e sono assolutamente certo che così sarà. Un grazie di cuore lo rivolgo a tutte le forze dell’ordine per il lavoro che svolgeranno in questi giorni. Che ci sia attesa e curiosità per questa nostra “tre giorni” lo testimonia prima di tutto il programma dei dibattiti e degli interventi che si svolgeranno all’interno del parco da oggi a domenica. E ancora di più il livello dei relatori che interverranno per parlare con noi di Italia, di Europa, di politica e dei problemi reali dei cittadini. Abbiamo qui in platea oggi un nutrito gruppo di parlamentari europei del Partito popolare europeo che saluto e ringrazio davvero di cuore insieme a tutti gli altri nostri ospiti per aver accolto il nostro invito. E’ con noi Elmer Brok, presidente della commissione Esteri del Parlamento Europeo. C’è il vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani. Abbiamo il ministro delle politiche Comunitarie Enzo Moavero, il nostro capogruppo a Bruxelles Giuseppe Gargani. Ci sarà domani pomeriggio il presidente del Consiglio Enrico Letta e tra domani e domenica diversi ministri del governo, oltre a numerosi tecnici e politici di altissimo livello. 

Ci aiuteranno a capire che cosa sta succedendo al nostro Paese e all’Europa in una fase ancora difficilissima - ma che lascia intravedere anche qualche primo segnale di ripresa - che dobbiamo incoraggiare e rafforzare. In ogni caso non abbiamo chiamato i rappresentanti del Governo a Chianciano per una parata di stelle. Sono qui per dire alla nostra gente che cosa si sta facendo in concreto per rilanciare l’Italia e perché se c’è una forza politica che sta sostenendo con convinzione e lealtà il governo, questa forza siamo noi. Dicevo dell’attenzione e della curiosità che ha suscitato questa nostra festa. Se mi concedete una battuta, all’inizio, qualche giorno fa, vedendo quante adesioni stavano arrivando, mi sono quasi preoccupato. Perché, dopo il risultato non lusinghiero delle scorse elezioni, mi sono venute in mente quelle code che si formano in autostrada quando tutti si fermano a guardare l’incidente sulla corsia opposta. Per un attimo ho pensato: non è che vengono a Chianciano per vedere come è andato l’incidente dell’Udc? Ma è stato davvero un pensiero di un attimo. 

Perché per fortuna le cose sono molto diverse. Chi come me, come Pier Ferdinando, come Rocco, Antonio e come tutti gli altri amici del partito negli ultimi mesi ha partecipato alle nostre assemblee regionali e a quella nazionale ha visto con i propri occhi una cosa molto chiara. C’è una grandissima voglia da parte di tutti noi, di tutti gli amici sul territorio, dei nostri dirigenti, dei tantissimi amministratori locali dell’Udc che sono qui con noi e che ringrazio per il lavoro che fanno nei consigli comunali, provinciali e regionali, di rialzare la testa. C’è voglia di lavorare, di lasciarci alle spalle il passato e di contribuire tutti insieme a costruire un futuro migliore per la politica italiana e per l’Europa che è - e rimane - la nostra casa di riferimento. E’ la stessa voglia che si respira qui oggi e che si respirerà domani e domenica. E’ una precisa volontà di affermare le nostre buone ragioni che nasce dalla consapevolezza, maturata giorno dopo giorno, appena smaltito il dispiacere per il risultato elettorale di febbraio, che grandissima parte di quello che avevamo previsto sul sistema politico italiano si è puntualmente avverato. Lo spazio per costruire finalmente un’area moderata in Italia si sta aprendo e noi, noi dell’Udc siamo e saremo un mattone indispensabile di questa costruzione. Senza di noi il fronte moderato non vince! E lo si è visto nelle elezioni amministrative prima dell’estate - che hanno certificato con i numeri una nostra importante ripresa. 

La nostra analisi degli ultimi anni dell’evoluzione del quadro politico in Italia era giusta. E i fatti lo stanno dimostrando. Sono bastati pochi giorni dopo le elezioni per vedere sgretolato il rapporto tra il Pd ed il suo alleato più massimalista, Vendola. E sono bastati pochi giorni per vedere crollare l’alleanza tra il Pdl e la Lega. Avevamo detto, già da tre anni almeno, che il Paese avrebbe potuto invertire la rotta che ci stava portando nel baratro come la Grecia soltanto mettendo insieme le sue forze migliori, avviando una stagione di governi di larghe intese. E così è stato sia prima che dopo le ultime elezioni. Pensavamo di poter essere noi a chiudere la stagione del bipolarismo sbracato degli ultimi venti anni, con la cultura delle alleanze e delle larghe intese. E invece è stato Grillo a farlo, con l’antipolitica, la voglia di chiudere sì una stagione ma prima di tutto con una protesta anziché con una nuova proposta. La sordità del movimento di Grillo, il suo ostinato rifiuto di fare qualcosa di concreto per il Paese oltre a salire sui tetti, dimostra che è arrivato davvero il momento per l’Italia di provare a trasformare il proprio sistema politico in una sana e moderna democrazia dell’alternanza. Una democrazia matura in cui due poli si confrontano sulle idee, sulle proposte concrete, senza sbranarsi, ma pensando ai problemi e alla vita reale dei cittadini. Le drammatiche tensioni di questi giorni che si stanno scaricando sul governo Letta dimostrano una volta di più in modo chiarissimo che, in futuro, solo un bipolarismo maturo può farci compiere finalmente il salto in avanti che gli italiani aspettano da venti anni. 

L’alternativa è una sola e non è affatto rassicurante: tornare indietro, nel passato, affrontare l’ennesima campagna elettorale come un duello da film western, mentre il mondo sta riprendendo a correre verso il futuro. Se prevarranno anche stavolta i falchi da una parte e dall’altra, allora avremo perso un’altra grandissima occasione. E per gli interessi di parte di questa e quella fazione integralista del Pd e del Pdl a rimetterci sarà di nuovo, con un prezzo sempre più alto da pagare, l’intero Paese. Noi comunque una strada l’abbiamo intrapresa, consapevoli appunto che l’intero sistema politico è in fase di totale metamorfosi. Il Pd sembra pronto a vendere l’anima al diavolo pur di vincere. E il diavolo in questo caso per molti di quello stesso partito – lo pensano loro - sarebbe Renzi. Non ci vuole uno scienziato per capire che la stragrande maggioranza della classe dirigente del partito non lo vorrebbe alla guida del Pd e lo considera un corpo estraneo alla propria storia. Lo soffrono, ma si accalcano per salire sul suo carro. Solo che se il Pd rinuncia alla propria anima, se si affida all’uomo solo al comando anziché alle idee, io credo sia condannato a perdersi. E soprattutto può anche vincere le prossime elezioni quando ci saranno: ma rischia di trovarsi al punto di partenza in cui si sono trovati tutti quelli che hanno vinto negli ultimi venti anni: hanno vinto, ma non sono riusciti a governare, perché dietro non c’era un progetto ma solo dei personalismi. Anche il fronte della destra è in pieno cambiamento. Qui la vicenda dell’uomo solo al comando è già stata ampiamente sperimentata. E le difficoltà di oggi sono frutto proprio di questo. Le condizioni per una naturale successione, per un passaggio di consegne però non sono state preparate. Probabilmente non potevano nemmeno essere preparate considerato il carisma di Berlusconi. Molti analisti pensano che la stagione di Berlusconi stia per finire.. A mio avviso, visto quello che è accaduto negli ultimi vent’anni, penso che sia pure in ruoli diversi sarà ancora presente. In ogni caso è un pessimo spettacolo quello a cui stiamo assistendo in questi giorni. Intrecciare continuamente le sorti del leader del Pdl e quelle del governo, come fanno certi pasdaran del centrodestra, per minacciare la caduta del governo se cade Berlusconi è un gesto che rischia di far pagare un prezzo altissimo all’Italia e agli italiani. Non siamo fuori dalla crisi economica. Qualche segnale positivo qua e là comincia ad intravedersi proprio grazie all’azione del governo di cui anche il Pdl è un pilastro fondamentale. L’avvio del pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione sta dando finalmente un po’ di ossigeno al sistema delle imprese. 

Si è riusciti a trovare una soluzione sull’Imu, si sta cercando una soluzione sull’Iva, si lavorerà ad un piano di dismissioni per abbattere il debito. E poi i provvedimenti approvati nelle ultime settimane su impulso del ministro D’Alia – che ringrazio davvero per il grandissimo lavoro che sta facendo - sul pubblico impiego: dal superamento del precariato alla possibilità di indire nuovi concorsi, al taglio delle consulenze e delle auto blu. Interventi che stanno dimostrando una volta di più che nel governo c’è finalmente equilibrio e attenzione al rigore ma soprattutto alla crescita. E molto altro si potrebbe ancora fare: penso ad esempio ad un grande piano per le infrastrutture come si è fatto negli Stati Uniti per sostenere lo sviluppo, a un’ulteriore accelerazione e semplificazione delle procedure per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, ad un più efficiente utilizzo dei fondi comunitari. Ma accanto ai segnali positivi ci sono anche segnali di allarme che non possiamo trascurare. Lo spread rimane una spia pericolosa del malessere italiano e oggi ci dice che non stiamo ancora molto bene se è vero che la Spagna è tornata a raggiungerci. Così come i dati sulla disoccupazione giovanile e quelli che ci vedono come unico paese del G7 con un Pil in calo nel 2013 ci dicono che non possiamo abbassare la guardia. Ecco perché far cadere ora il governo sarebbe un disastro: anche perché, vorrei dirlo ai falchi di ogni parte – perché ce ne sono a destra ma ce ne sono anche a sinistra - caduto il governo Letta non ci sarebbero elezioni da vincere per nessuno ma solo un Paese nel caos. Un governo che si regge su qualche transfuga grillino o del Pdl non farebbe il bene del Paese e tantomeno lo farebbe un nuovo voto con il Porcellum! Il dopo Letta, almeno fino al 2015 – e io mi auguro anche oltre, se il governo continuerà a fare bene - semplicemente non c’è, perché a questo esecutivo non c’è alternativa. Chi vuole gettare il Paese nel caos istituzionale negli stessi mesi in cui l’Europa, nel 2014, ci affiderà la guida del semestre di presidenza, non è solo miope, è un incosciente. Mentre in ogni caso, comunque si chiuda la vicenda della decadenza, qualunque decisione si prenda sulle sorti del governo, il processo di cambiamento in atto in tutto il sistema politico italiano non potrà non riguardare anche il Pdl. E prima o poi dovranno prenderne atto tutti. Rimane da vedere se a conquistare la scena saranno i falchi o le colombe. Noi, non credo di svelare nulla di misterioso, ci auguriamo per il bene dell’Italia che da una parte e dall’altra, a sinistra come a destra, siano i più ragionevoli a prevalere. E a quel punto si potrà finalmente organizzare il nostro sistema politico intorno alle due grandi case che già esistono e sono solide in quasi tutti gli altri Paesi più avanzati d’Europa. Quella del Partito Popolare Europeo e quella del Partito Socialista Europeo. La nostra casa è quella del Ppe. Lì c’è la nostra storia, lì c’è la nostra tradizione, lì è il nostro futuro. Quella è la nostra collocazione e su questo non possiamo certo mostrare più dubbi o incertezze perché allora davvero non saremmo più capiti da nessuno. La casa dell’economia sociale di mercato, dell’europeismo, della solidarietà e della meritocrazia. Questa casa in Europa c’è già, anche se va rafforzata e ammodernata. 

Ma in Italia ancora non c’è e non è certo nostra responsabilità. Eppure adesso più che mai è arrivato il momento di realizzarla. Perché fra pochi mesi ci sono le elezioni europee più importanti da quando esiste l’Unione. Perché abbiamo assoluto bisogno di ancorarci all’Europa se non vogliamo perdere l’ultimo treno per la ripresa. E perché non vedo altro modo più ragionevole e utile al nostro Paese di ristrutturare il sistema politico in fase di cambiamento com’è adesso. L’Italia ha assoluto bisogno dell’Europa. Un’Europa che dovremo aiutare ad essere anche molto diversa da quella che conosciamo oggi. Che sappia valorizzare di nuovo e finalmente l’area del Mediterraneo, con i suoi popoli e le sue culture. Che non sia ad un solo motore, quello tedesco, ma che riesca ad accendere finalmente anche gli altri motori di cui dispone. Che non sia più solo spettatrice di quanto accade nel mondo ma che torni ad essere protagonista nel solco della sua storia e tradizione. Gli eventi della Siria sono solo l’ultimo esempio di quanta strada deve ancora percorrere il nostro Continente se vuole tornare a contare nel mondo. Mentre la Russia e gli Stati Uniti hanno fatto pesare la loro voce, l’Europa ha parlato così tante lingue da non riuscire a farsi ascoltare da nessuno. Serve una sola voce per un solo nuovo soggetto politico unitario: l’Europa politica appunto. Questo era il sogno dei padri fondatori e questo deve essere il nostro obiettivo. Davanti a noi si è levato proprio in occasione della crisi siriana un esempio straordinario di autorevolezza e capacità di far ascoltare la propria voce. L’esempio di Papa Francesco. Con le sue opere, con le sue azioni, il Pontefice sta dimostrando giorno dopo giorno che alle ingiustizie, alla crisi, alla sofferenza dei popoli non ci si può arrendere. Che cambiare modo di pensare e di agire si può. E che una via d’uscita è sempre possibile se ognuno fa il proprio dovere fino in fondo, senza bisogno di fare ricorso alle armi ma attraverso il dialogo, la diplomazia, il modo più alto e nobile di interpretare la politica. Quello che ci viene offerto da papa Francesco è un esempio straordinario per tutta l’Europa, come per il mondo, ma soprattutto è un modello per noi del Partito Popolare Europeo che nella dottrina sociale della Chiesa troviamo molte delle radici più profonde dell’azione politica. Un modello - dobbiamo avere la sensibilità e la capacità di riconoscerlo - che rende superati anche molti canoni e schemi della politica di ieri e che obbliga tutti, a cominciare da noi, ad aggiornare il nostro modo di essere presenti ed agire nelle istituzioni. E naturalmente l’esempio di Papa Francesco è un modello straordinario per tutto il nostro Paese che ha la fortuna di poter contare sulla sua presenza quotidiana. E io mi auguro davvero che il suo buon esempio possa contagiare anche finalmente la politica italiana. Domenica, prima dell’intervento finale di Pier Ferdinando, ospiteremo un dibattito molto importante sulle riforme con il ministro Quagliariello, Vietti e Violante con il nostro costituzionalista Francesco D’Onofrio e altri ospiti di primo piano. Se finalmente ci fosse un po’ di buona volontà da parte di tutti io credo che le riforme, che da anni si annunciano e poi non si fanno mai, finalmente potrebbero essere varate. Se si vuole, se si fa fino in fondo il proprio dovere, in due giorni si può riformare la legge elettorale, restituire ai cittadini il sacrosanto diritto di scegliersi i parlamentari, alzare l’asticella del raggiungimento della soglia del premio di maggioranza al 40%. E se si vuole - in poco tempo - si possono riformare i regolamenti parlamentari che rendono macchinosi e lentissimi i lavori d’Aula. Si può superare il bicameralismo perfetto, si può ridurre il numero di deputati e senatori, si possono abolire le province. Tutti temi su cui noi ci siamo battuti, spesso in solitudine, negli ultimi anni ma che ora non possono più essere rimandati. Il futuro dell’Italia, è questo il titolo che abbiamo voluto dare al dibattito di domenica mattina, passa davvero da lì. E, dopo tanti anni di parole, non cogliere l’occasione di un governo di larghe intese per realizzare insieme finalmente le nuove regole del nostro assetto istituzionale sarebbe una follia. 

Intanto, e chiudo, dobbiamo pensare anche al nostro assetto interno di forza politica che intende contribuire a costruire qualcosa di nuovo e più grande che unisca i moderati italiani sotto l’egida del Ppe. E qui mi rivolgo ai nostri dirigenti, ai nostri iscritti, alla grande rete di donne e uomini dell’Udc che sono presenti in tutta Italia e che vogliono continuare a impegnarsi per il bene del Paese. Ci aspettano settimane molto importanti: nei prossimi due mesi ci ritroveremo in Consiglio Nazionale e in cinque grandi assemblee interregionali con tutti i dirigenti e i delegati per preparare il Congresso Nazionale che si terrà alla metà di novembre. Sono appuntamenti importanti per noi ma anche per il Paese. Di una forza moderata, riformatrice, costruita su valori che non tramonteranno mai, valori della vita, della famiglia, della solidarietà l’Italia ha un enorme bisogno. Noi siamo quella forza e vogliamo essere il seme e il lievito di una nuova forza politica ancora più grande che faccia riferimento a quei valori e ideali ma che abbia il peso numerico per realizzarli nell’interesse dei cittadini, delle imprese, di tutti gli italiani. La stiamo costruendo e la costruiremo, tutti insieme e insieme a quanti vorranno farlo al nostro fianco. 

Buon lavoro a ognuno di voi allora e, intanto, buona Festa Popolare. 

Grazie.

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