domenica 14 settembre 2014

UDC: LORENZO CESA A CHIANCIANO, IL TESTO DELL'INTERVENTO

Più che una vera conclusione vorrei soprattutto provare a tirare le fila degli incontri e dei dibattiti di questi tre giorni.
E vorrei cominciare a farlo ringraziando i tantissimi amici e tutti gli ospiti che hanno accolto il nostro invito salendo su questo palco per portare il loro contributo di proposte nel salvadanaio delle idee della Costituente Popolare.
Vedete, la Costituente Popolare per come la immagino io deve essere un processo costruito mettendo insieme più teste, più idee. Deve essere un progetto popolare e plurale appunto.
Altrimenti facciamo l’ennesimo partito padronale, come tutti quelli che hanno fallito nella Seconda Repubblica ed hanno portato sull’orlo del fallimento anche l’Italia.
E noi questo errore non vogliamo farlo e non lo faremo.                                                
Sappiamo quanto è importante la figura del leader e arriverà anche il momento del leader, anzi su questo dopo tornerò un attimo.
Ma i partiti costruiti tutti intorno a una sola persona finiscono con l’identificarsi con quella persona e alla lunga si perdono dietro a quella persona.
Ora si tratta di mettere insieme - e alla svelta, perché la gente ormai giustamente vuole vedere i fatti - gli spunti raccolti e iniziare a forgiare, sul territorio e in Parlamento, il nuovo soggetto politico che a mio avviso abbiamo il dovere di far nascere quanto prima se vogliamo ridare speranza ad un popolo, quello del ceto medio, che oggi non ha voce perché non ha un partito che lo tuteli in cui riconoscersi e non ha occhi, è cieco, perché non ha nessuno che gli indica una direzione, una prospettiva per il futuro.
Devo dire che anche quest’anno siamo riusciti ad organizzare qui a Chianciano una manifestazione di altissimo livello proprio per i contenuti che sono stati espressi nei tre giorni.
Anzi, forse quest’anno il livello è stato perfino più alto che in passato proprio perché la realtà ci costringe a tenere alto lo sguardo. E a pensare ad esempio sempre più con la testa degli europei e sempre meno con quella degli italiani, o dei francesi, o dei portoghesi.
Le sfide che il mondo ci presenta, la competizione globale sul piano economico, i temi della sicurezza legati a quelli delle migrazioni dei popoli, i venti di guerra che soffiano dall’Ucraina e che mettono a repentaglio anche la nostra sicurezza energetica, le questioni della nostra stessa identità di occidentali con radici cristiane, dei nostri valori aggrediti con la violenza più brutale da nuovi fanatismi, sono sfide alte, complesse, difficili, ma a cui l’Italia e l’Europa non possono più sottrarsi.





E allora grazie a tutti i relatori che ci hanno dato il loro contributo per affrontare queste sfide con qualche idea in più e che saranno protagonisti insieme a noi del lavoro dei prossimi giorni in Parlamento e nel Paese.
E grazie naturalmente a tutti voi che avete seguito gli incontri e i dibattiti e che sarete protagonisti sui territori della costruzione del nuovo soggetto.
Ieri pensavo che mi sarebbe piaciuto trovare le parole giuste oggi per ridare orgoglio alle donne e agli uomini dell’Udc, visto che veniamo da un tempo così difficile.
Ma oggi mi sono reso conto che in realtà siete voi, con la vostra partecipazione, a rendermi orgoglioso di quello che abbiamo fatto insieme finora nonostante tutte le difficoltà e di quello che potremo fare stando ancora insieme.
Così come mi hanno reso orgoglioso le parole di monsignor Hanna, il Vescovo ausiliare dei cattolici caldei di Bagdad che ci ha fatto un regalo enorme onorandoci con la sua presenza, celebrando questa mattina la messa in memoria dei cristiani perseguitati nel mondo.
Quello scudo crociato che siamo fieri di avere nel nostro simbolo non è solo storia, non è una reliquia piena di polvere.
Oggi più che mai è vivo, è attualità, siamo noi, sono i nostri figli, il futuro.
Perché se vogliamo avere un futuro, mentre i criminali dell’Isis violentano e uccidono chi non si converte con la forza, noi dobbiamo alzare quel simbolo, il simbolo della cristianità.
Quando esattamente dieci anni fa, con una scelta di una stupidità infinita, si decise di non inserire il riferimento delle radici cristiane dell’Europa nella Costituzione europea che si stava scrivendo e che poi sarebbe stata comunque bocciata dai popoli, non ci si rendeva conto che si stava lasciando spazio ai fanatismi di altre religioni.
E oggi allora non possiamo stupirci troppo se dall’Europa parte qualche giovane italiano, inglese o francese per combattere contro di noi in Siria o in Iraq, perché se ai giovani non dai una base solida di valori, se non si sa più chi siamo, il rischio che qualcuno più fragile si perda aumenta.
Noi siamo diventati in questi anni l’Occidente che in nome delle presunte libertà arriva a cancellare la sua verità religiosa.
E a questa nostra evidente debolezza di pensiero rispondono i più fanatici e sanguinari tra gli islamici con la violenza.

Quella violenza che in nome della loro presunta verità religiosa viene usata invece per cancellare la libertà.
Allora di fronte a questo noi non possiamo che essere orgogliosi del nostro scudo crociato e di quello che rappresenta.
Così come siamo orgogliosi di avere nel nostro passato uomini come Alcide De Gasperi.
Questa estate a leggere i giornali a un certo punto pareva che De Gasperi fosse stato un grande leader del Partito Comunista.
Gli volevano pure intitolare la festa dell’Unità.
Tutti a tirare per la giacca la memoria di De Gasperi, tutti suoi eredi, a sinistra e pure a destra. 
Anzi, se volete ridere andate su internet e troverete pure una pagina di grillini che vedono in De Gasperi un loro punto di riferimento.
Poi vorrei capire come si fa a considerare compatibile un comico da strapazzo che ogni due secondo manda tutti “a…” – insomma avete capito bene - con il più grande statista che la politica italiana abbia mai avuto.
Chi era De Gasperi, quali straordinari progressi ha fatto compiere all’Italia e al progetto europeo e chi può richiamarsi alla sua tradizione senza risultare ridicolo ce lo ha spiegato poco fa il presidente De Mita.
E queste sono le cose di cui dobbiamo essere orgogliosi.
Allora costruire qualcosa di nuovo non vuol dire dimenticarsi chi siamo, smettere di sapere da dove veniamo.
Senza i valori e la consapevolezza della propria storia i partiti, esattamente come la società civile, non vanno da nessuna parte. Sono gusci vuoti.
E noi non vogliamo fare un guscio vuoto come gli altri.
Poi è vero che ogni giorno sento ripetere lo stesso discorso: “Oggi per avere consenso ci vuole un leader, dov’è il vostro leader?”.
Ma a questa domanda - per carità, importante e a cui non mi sottraggo, ma anche un po’ noiosa come quella sulle alleanze che mi sento ripetere da almeno 6 anni – io non posso che rispondere col mio pensiero, la mia profonda convinzione.
E cioè che se noi facessimo l’errore di partire dal leader, probabilmente non partiremmo nemmeno.



Quello che va fatto adesso è costruire la rete, mettere insieme le forze sui territori, avvicinare nuove realtà e nuovi soggetti. Guardate che l’Italia sia diventata tutta di sinistra non ci credo e non ci crederò mai.
Il 40,8% del Pd di Renzi alle Europee è un grande risultato ma sono 11 milioni di voti, pochi di più, un milione in più, di quelli che nel 2013 alle Politiche ha preso Bersani, quando con stessi numeri molto simili non è riuscito a vincerle le elezioni.
Quello che è cambiato è l’affluenza al voto. Alle Europee hanno votato molti milioni di italiani in meno.
E chi non è andato a votare rispetto alle politiche sono soprattutto gli elettori a cui facciamo riferimento noi.
Quei nove milioni di voti che prima votavano Forza Italia e ora non la votano più.
I voti dei moderati, dei popolari, del ceto medio, che in parte abbiamo perso per strada anche noi.
Noi a quelle persone dobbiamo dare un riferimento.
Costruendo un partito, una casa, un punto d’incontro nuovo insieme agli amici del Nuovo Centrodestra, del gruppo Per l’Italia, di Scelta Civica che sono interessati al progetto.
Poi il leader verrà.
State sicuri che i vuoti in politica si riempiono.
E come l’ha riempito Renzi a sinistra, così lo riempiremo noi nell’area popolare.
Ma quel leader, che magari c’è già, dovrà essere riconosciuto dal basso, democraticamente eletto, non imposto dall’alto.
Con le primarie, con qualche altro metodo, ma il leader dovrà essere uno che sarà riconosciuto da tutti e che sia capace di farsi spazio anche sgomitando.
Perché i leader sono tali se riescono a emergere.
Non se aspettano che gli si imbandisca la tavola e poi sono semplicemente i più veloci ad andare a occupare un posto.
Quello che serve a noi è un anti-Renzi.
E lo dico oggi mentre siamo al governo con Renzi perché deve essere chiaro che questa è una fase eccezionale, in cui noi siamo leali col governo, lo sosteniamo, e anzi siamo al governo, ma lo facciamo perché il Paese è sull’orlo della disperazione.
Ma quando finalmente si potrà tornare a confrontarsi sulle idee è chiaro che noi saremo e dovremo essere alternativi a Renzi e alla sinistra, come lo siamo in Europa: noi siamo il Ppe, Renzi è il Pse.
Anche noi ad esempio vogliamo dare nelle buste paga degli italiani più soldi.
Ma li daremmo anche a chi ha magari un reddito appena un po’ più alto di 26 mila euro ed ha tre figli da mantenere piuttosto che darli a chi ne guadagna 25 mila ma è single.
E li daremmo anche a chi non arriva al reddito minimo di 8 mila euro, perché non ho ancora su quali basi è giusto dare 80 euro a chi guadagna poco e non si può darla a chi prende ancora meno o non prende niente. Vorrei che qualcuno mi dicesse che giustizia di sinistra è aumentare le disuguaglianze tra i poveri…
Quando ci confronteremo con la sinistra e con Renzi con le nostre idee, noi metteremo in chiaro che le pensioni non si toccano, perché chi ha lavorato una vita ha fatto un patto con lo Stato e quel patto non si cambia.
Altro che il balletto indegno di questa estate che ha mandato nel panico milioni di pensionati e non solo quelli che prendono pensioni altissime.
E tra le nostre proposte non ci sarà mai quella di ridurre alla fame le nostre forze dell’ordine.
Perché chi rischia la vita tutti i giorni per la salvare la nostra deve sentirsi apprezzato dal suo Paese senza se e senza ma.
Alla polizia, ai carabinieri, all’esercito, ai ragazzi in missione all’estero o per le strade più difficili d’Italia, noi dobbiamo solo dire grazie i sacrifici che fanno per noi.
Altro che prenderli in giro dicendo che gli aumentiamo lo stipendio a maggio per poi tagliarglielo a settembre.
Questo non si fa.
Noi appoggiamo questo governo, ma se il governo sbaglia ci riserviamo il diritto di dirlo.
Così come riteniamo ad esempio che sia il momento di cancellare l’Irap così com’è perché è una tassa da manicomio.
Io posso capire che in una fase di crescita economica le imprese debbano pagare le tasse anche a seconda delle loro dimensioni.
Ma in una fase lunga come questa di disoccupazione altissima, di crisi, di disperazione vera per tante imprese e tanti disoccupati, far pagare tanta più Irap alle imprese quanti più dipendenti assumono vuol dire essere pazzi.
Noi dobbiamo rovesciare questo principio.
E allora ecco a che serve la Costituente popolare.
A mettere in campo proposte e valori domani quando si tornerà a votare.
Ma anche a far cambiare rotta al governo da subito quando serve e quando sbaglia.
Ecco perché è utile arrivare prima possibile ai gruppi unitari con gli amici che stanno con noi al governo e in maggioranza e non fanno parte del Pd.
Oggi essendo divisi Renzi ha buon gioco a dare più retta a Forza Italia che a noi.
Ma se ci riuniamo in un gruppo unico, con posizioni unitarie, 85-90 parlamentari, allora la musica cambia.
E anche noi potremo incidere con più forza sulle politiche del governo.
E a chi mi dice: “Dovete parlare anche con Forza Italia”, io rispondo: “Per carità si può parlare con tutti”, però segnalo anche con un partito che mentre è all’opposizione, presta più attenzione a non far dispiacere al presidente del Consiglio, piuttosto che a far piacere ai propri elettori non so bene che cosa dire.
L’ho detto io e lo ha detto Pier Ferdinando anche pubblicamente nei giorni scorsi: Forza Italia sta all’opposizione perché non vuole pagare i prezzi delle scelte impopolari obbligate che in questi giorni cominciano a venire al pettine e non vuole stare all’ombra di Renzi, ma pretende di incassare posti e magari qualche attenzione agli interessi del suo leader.
A Napoli direbbero in modo un po’ più colorito di come ve lo dico io ora: “Porta a casa e piange”.
Eh no. E’ un po’ troppo comodo. Se questa è la linea, è ora di porre sul tavolo il problema di Forza Italia. Visto che pesa tanto sul governo, Forza Italia entri nel governo Renzi. Altrimenti il governo la smetta di dare più retta a Forza Italia che a chi lo sostiene lealmente e a viso aperto.
Per il resto noi non abbiamo preclusioni a parlare con nessuno, ma ai nostri interlocutori mettiamo qualche paletto: devono essere responsabili e non populisti.
E in questo momento in cui Forza Italia non è né carne né pesce è preferibile parlare con i suoi elettori, con l’elettorato moderato, quell’elettorato che come noi non vuole saperne di sedersi intorno a un tavolo con forze come la Lega che è razzista ed antieuropea mentre noi siamo europeisti convinti.
Perché la chiave della nostra salvezza, del nostro rilancio, badate bene, sta comunque in Europa.
I singoli Stati di fronte a un mondo così competitivo e complicato, sono destinati a soccombere.
Quando questa estate il Governatore della Bce Draghi ha detto che gli Stati europei devono fare le riforme anche a costo di cedere un po’ di sovranità all’Europa per le mie orecchie è stato come ascoltare musica.
Il nostro sogno di Europa federale unita del resto che cos’è se non cessione di sovranità ad una realtà più grande e più forte in cui tutti ci riconosciamo?
Però bisogna anche dire che la cessione di sovranità deve esserci in misura uguale da parte di tutti.
E non da uno Stato all’altro.
Noi non dobbiamo cedere sovranità alla Germania.
No.
Sono gli Stati europei, tutti, Germania compresa, che devono cedere sovranità all’Europa.
Questo è la sfida più affascinante e difficile, ma è anche una sfida obbligata per arrivare agli Stati Uniti d’Europa.
Altrimenti l’Italia per prima andrà a rotoli viste le dimensioni del nostro debito pubblico e la debolezza della nostra economia.
Ma poi andranno a rotoli anche gli altri Paesi perché noi siamo abbastanza decisivi da trascinarci tutti dietro volenti o nolenti.
Spero dunque di essere riuscito a riassumere i fili della discussione di questi tre giorni che volevo tirare.
Argomenti e contenuti come vedete non mancano e rappresentano la trama su cui andare a tessere il nuovo soggetto.
Come ho detto prima però questo è un lavoro che va fatto a tutti i livelli e va fatto presto, approfittando anche del banco di prova che ci offrono le elezioni regionali. Il tempo, su questo voglio essere molto chiaro, non è un fattore irrilevante. O il nuovo partito nasce entro la fine di settembre, un partito vero, o amici come prima e ognuno riprenda la sua strada.
Già dopodomani abbiamo fissato l’incontro del coordinamento della Costituente popolare. Bene, io chiedo che sia un incontro da cui uscire con decisioni vere, definitive. Per la fine di settembre dobbiamo avere i gruppi unici in Parlamento e lanciare il nuovo soggetto unitario. E’ tutto pronto, non c’è altro da attendere. Se poi non lo si vuole fare lo si dica.  
Per noi in ogni caso questa è la strada da seguire anche se qualcuno nel frattempo dovesse frenare e farsi prendere dalla paura.
Perché noi siamo e vogliamo continuare ad essere un punto di riferimento per chi non vota Pd e non vuole affidarsi alla demagogia populista.
C’è una bella frase di un altro grande della politica italiana che non appartiene alla storia democratico cristiana – lo dico subito così non si dirà che ce ne vogliamo appropriare.
E’ una frase del secondo presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, che anche se è stata pronunciata molti anni fa, sembra detta apposta per i nostri tempi.
Diceva Einaudi: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l'unanimità dei consensi”.
Ecco io credo che in questo momento l’errore che non dobbiamo commettere è quello di avere paura, paura di andare controcorrente se necessario.

Oggi sembra quasi che il quadro attuale non potrà mai più cambiare.
Renzi ha vinto, noi possiamo fare solo le ruote di scorta e sarà sempre così.
No.
Non è così.
La crisi in cui si trova il Paese può e deve essere sconfitta.
Ci vuole coraggio e non paura ma possiamo farcela.
E allo stesso modo, con coraggio e non con paura, possiamo costruire un’alternativa moderata e vincente ad una sinistra che non è né eterna né imbattibile.
Lavoriamoci insieme, senza paura.
Grazie, grazie Chianciano, grazie a tutti. Buon lavoro. Viva l’Italia. Viva l’Europa. Viva l’Udc.



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