lunedì 18 luglio 2011

Intervento dell'On. dott. Domenico Zinzi. Camera dei Deputati lunedì 18 luglio 2011

Onorevoli Colleghi,

giunge oggi alla approvazione della Camera dei Deputati il decreto legge 94 del 2011.
In qualità di deputato e di Presidente della Provincia di Caserta, vi chiedo di apportare, in sede di conversione, all’atto normativo sopra richiamato alcune modifiche indispensabili per poter far uscire la Campania, in modo definitivo, dalla terribile e devastante emergenza che la attanaglia da mesi.
Modifiche che, peraltro, sono diventate oggi necessitate al di là della stessa situazione di emergenza, poiché imposte dalla doverosa considerazione delle implicazioni derivanti dall’ordinanza che il massimo organo di giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato, ha adottato in data 15 luglio, in merito alla qualificazione giuridica dei rifiuti derivanti da operazioni di tritovagliatura.
Ritengo opportuno ripercorrere, sia pure molto sinteticamente, i fatti, perché il Parlamento e la pubblica opinione possano avere piena e chiara consapevolezza del tema e della posta in gioco.
Sollecito, al riguardo, l’attenzione del Governo e, in particolare, dell’on. sig. Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, affinché – l’uno e l’altro – concorrano a fare apportare, al vigente quadro ordinamentale, le modifiche necessarie a uscire dal vicolo cieco in cui ci troviamo.
Per alleggerire la pressione sulle discariche campane, il Dipartimento della Protezione Civile, ad agosto del 2010, bandiva una gara per affidare il trasporto e lo smaltimento fuori Regione di 61.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, contrassegnati con il codice CER 19.12.12, prodotti dagli STIR campani, che avevano intasato i siti di smaltimento regionali.
La copertura finanziaria dell’appalto era assicurata dalla amministrazione statale.
Dopo l’aggiudicazione della gara a dicembre del 2010 (disposta in favore del Consorzio CITA, che ha indicato come impianti finali di conferimento tre discariche pugliesi, tra cui quella gestita dalla Italcave), Campania e Puglia firmavano un protocollo di intesa per disciplinare l’ingresso e lo smaltimento in quest’ultima Regione di una parte dei rifiuti oggetto del predetto appalto.
Italcave, una società titolare di un impianto di discarica e trattamento per rifiuti speciali non pericolosi regolarmente autorizzato, stipulava poi, del tutto autonomamente, contratti di smaltimento con operatori autorizzati della Regione Campania per accogliere nella propria discarica anche rifiuti non compresi nell’appalto in questione.
A questo punto, interveniva a febbraio del 2011 la Regione Puglia con provvedimento finalizzato a interdire alla Italcave l’acquisizione di rifiuti speciali CER 19.12.12 al di fuori dei quantitativi di cui al protocollo di intesa con la Regione Puglia.
Ne è sorto un contenzioso che è stato portato dinanzi al TAR del Lazio, competente per materia.
Il problema oggetto del contenzioso è stato questo: i rifiuti contrassegnati con il codice CER 19.12.12, vale a dire i rifiuti derivati da operazioni di c.d. tritovagliatura di rifiuti urbani (l’attività degli STIR), possono circolare liberamente fra le Regioni?
La soluzione del problema discende dalla qualificazione di tali rifiuti.
Difatti:
-         se essi sono rifiuti urbani, trova applicazione l’art. 182 del decreto legislativo n. 152/2006, che al comma 3 pone per essi il divieto di smaltimento extraregionale (cioè il divieto di trasferirli e smaltirli al di fuori della Regione in cui sono prodotti), derogabile solo in casi eccezionali e sulla base di accordi regionali o internazionali;
-         se, invece, essi sono rifiuti speciali non pericolosi, vige il principio opposto di libera circolazione (e, dunque, la possibilità di trasferirli e smaltirli fuori dalla regione di produzione, anche a prescindere da accordi interregionali in tal senso).
Il TAR Lazio, come è noto, ha accolto la prima opzione interpretativa con la conseguenza che i rifiuti in discorso non possono circolare liberamente tra le Regioni se non previa intesa tra le stesse.
E’da qui, proprio da qui, da una sentenza forse sbagliata, che è nata la drammatica crisi dei rifiuti che sta strozzando la Campania, la sua sicurezza sanitaria, la sua integrità ambientale, la sua economia.
La tesi propugnata dal TAR Lazio appariva estremamente discutibile ed essa si poneva, inoltre, in contrasto con quanto previsto dal Codice dell’Ambiente, che dispone espressamente che i rifiuti che iniziano col codice 19 sono rifiuti speciali, mentre quelli che iniziano col codice 20 sono urbani.
Tra l’altro, ad ulteriore riprova di quanto sopra affermato, evidenzio come, a distanza di appena due settimane dalla sentenza del TAR Lazio, sull’argomento si sia pronunciato anche il TAR Toscana (sent. 917/2011) affermando la tesi opposta: i rifiuti con codice 19.12.12 sono rifiuti speciali (e prima ancora, e precisamente nel 2007, la stessa tesi era stata sostenuta anche dal TAR Friuli Venezia Giulia).
Di qui l’appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR del Lazio che è stato discusso il 15 luglio e che ha, de facto, ribaltato i termini della vicenda.
Si poteva attendere che fosse il Consiglio di Stato a pronunciarsi?
Forse, tenuto conto di quanto poi accaduto, sì.
Ma, nel frattempo, la drammaticità della situazione – che, voglio ribadirlo, ha assunto i contorni di una vera e propria catastrofe ambientale e sanitaria (si è verificato perfino un episodio di tifo murino, che non si vedeva dai tempi del colera) – aveva sollecitato, anche alla luce delle autorevolissime iniziative assunte dallo stesso Presidente della Repubblica, l’intervento del Governo per porre rimedio al descritto stato di cose con un decreto legge.
Il decreto legge n. 94, però, costituisce una occasione sprecata.
Provo a spiegare perché.
L’art. 1, comma 1, ha stabilito che fino al 31 dicembre 2011 i rifiuti derivanti dalle attività di tritovagliatura praticate negli impianti STIR della regione Campania possono essere smaltiti in deroga al divieto disposto dall'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche se – viene precisato – pur sempre sulla base del nulla osta della regione di destinazione (e quindi in base a un’intesa o accordo interregionale).
Il comma 3 del medesimo articolo ha puntualizzato, poi, che in attuazione del principio comunitario della prossimità in sede di smaltimento dei rifiuti, i trasferimenti connessi allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 hanno come destinazione prioritaria gli impianti ubicati nelle regioni limitrofe alla Campania.
È evidente che il decreto legge ha finito per avallare implicitamente la tesi del TAR Lazio secondo cui i rifiuti con codice 19.12.12, frutto di tritovagliatura di rifiuti urbani, sono ancora e sempre rifiuti urbani.
E tuttavia eccezionalmente il decreto consente il trasferimento di questi rifiuti fuori Regione, in base ad accordi interregionali.
È proprio per questa ragione che il decreto è inutile e, anzi, perfino controproducente.
Perché è inutile? Semplice: se i rifiuti derivanti dalle attività di tritovagliatura sono urbani, non vi era alcun bisogno di emanare una norma ad hoc, poiché già l’art. 182 del Codice dell’Ambiente stabilisce che il divieto di trasferimento fuori regione può essere derogato eccezionalmente, e senza alcun limite di tipo temporale, sulla base di accordi interregionali o internazionali.
Quale sarebbe l’utilità?  Minima, solo procedurale: le Regioni possono trovare l’intesa fra di loro senza passare dalla Conferenza Stato/Regioni.
Tutto qui? Sì, tutto qui: in questo è consistito l’intervento “risolutore” del Governo attraverso l’esercizio della funzione materialmente legislativa.
È difficile allora negare che il decreto legge abbia assunto un rilievo pressoché esclusivamente propagandistico, o, tutt’al più, di mera rassicurazione sociale dell’opinione pubblica, sempre più allarmata ed esacerbata per la situazione di degrado sanitario e ambientale provocata dall’ennesima emergenza rifiuti, senza però riuscire a intervenire davvero e incisivamente sulla questione.
Ma a ben vedere il decreto corre il rischio, se convertito senza le necessarie modificazioni, di essere addirittura dannoso.
E spiego perché.
Come ho già accennato il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare e ha sospeso la sentenza del TAR Lazio, ritenendola evidentemente, sia pure in sede solo cautelare, errata e muovente da presupposti impropri.
Bene, se non ci fosse stato il decreto legge, la pronuncia del Consiglio di Stato sarebbe stata RISOLUTIVA.
Invece, rischia di non esserlo, perché se il Parlamento converte il decreto legge così com’è, paradossalmente introduce con legge una nuova qualificazione dei rifiuti STIR: prima erano speciali (così il TAR Toscana, così il TAR Friuli Venezia Giulia, così ora il Consiglio di Stato), mentre ora, dopo la legge di conversione, diventerebbero urbani.
E scatterebbe quindi per essi il divieto di trasferimento fuori Regione, sia pure temperato dalla possibile, e limitata dal punto di vista temporale, eccezione di accordi interregionali.
Qualunque Regione potrebbe così opporre il proprio diniego ai conferimenti, e stavolta con la copertura di una legge del Parlamento.
Insomma, oltre al danno, la beffa.
La Campania sprofonderebbe in una crisi senza rimedio, in una spirale di paura, di disordini, di pericoli, in cui – nessuno si illuda – verrebbe trascinato l’intero paese.
Per questo, il Parlamento ha il dovere di prendere atto dell’ordinanza del Consiglio di Stato.
Non solo, deve prendere atto, altresì, di quanto stabilito dal diritto comunitario, e segnatamente dalla decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000, secondo cui i rifiuti il cui codice identificativo a sei cifre inizia con 19 sono rifiuti speciali, mentre quelli il cui codice identificativo a sei cifre inizia con 20 sono rifiuti urbani.









Vi chiedo, dunque, alla luce di quel che precede, di non convertire l’art. 1, comma 1, del decreto legge oggetto della presente discussione, o, in alternativa, di riformularlo con norma di interpretazione autentica che espressamente qualifichi i rifiuti derivanti da operazioni di tritovagliatura con codice CER 19.12.12 come rifiuti speciali non pericolosi, così come ha puntualizzato la giurisprudenza amministrativa e come inequivocabilmente stabilisce la normativa comunitaria.




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