Natale: accogliere il Vangelo della Pace
Lettera
di Natale 2023
È una giornata di dicembre, sembra
finalmente essere arrivato un po' di freddo e cammino per le strade e i vicoli
del centro storico tra colori, sapori e odori che riportano alla mente e al
cuore ricordi dei Natali passati. Cammino, guardandomi intorno, cercando di
catturare ogni dettaglio, ogni sguardo, ogni suono di questo periodo che dovrebbe
essere magico. Cammino tra la gente, mi fermo a scambiare parole di bene, di
accoglienza, di speranza. Gli impegni di questo periodo sono tanti e mi sembra
sempre di avere la sensazione che il tempo a disposizione non basti mai. Il
tempo, che è la vera ricchezza di quest’epoca troppo spesso dominata dalla
“signora Frenesia”, che governa le molte agende e svuota tanti cuori. Così, nel
tentativo di fuggire al suo controllo mi sono immerso tra i turisti e gli
artigiani di San Gregorio Armeno: ovunque statuine, presepi, pastori e animali,
cesti di frutta in miniatura e scenografie che, più rappresentare la grotta di
Betlemme, con il linguaggio simbolico del presepe partenopeo, raccontano di una
nascita divina avvenuta proprio qui, nel bel mezzo della mia città, nel cuore
della nostra Napoli. Tra una parola in inglese pronunciata da un turista e una
frase in napoletano da parte di un artigiano che invita i passanti a visitare
la propria bottega, i miei occhi si soffermano su un pastore, vestito da frate,
con un saio marrone, i sandali ai piedi e il cordone ai fianchi.
E così, per un attimo, chiudo gli
occhi, ascolto il cuore e penso a Greccio, a quel presepe di ottocento anni fa,
voluto e sognato da Francesco, il Poverello, che volle vedere con i suoi occhi “il
Bambino nato a Betlemme, (…) i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle
cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva
sul fieno tra il bue e l'asinello” (Fonti Francescane).
Napoli, città dei presepi,
Greccio, il paese del presepe, due realtà così diverse ma che nel Natale
ritrovano il senso della vita, la forza della speranza, la capacità di tornare
a stupirsi per il miracolo dell’esistenza. In fondo, mi sembra essere lo stesso
stupore quello che attraversa lo sguardo e il cuore di Francesco e quello a cui
da secoli gli artisti napoletani danno carne con il Pastore della meraviglia. Entrambi
hanno le mani vuote, nessun dono da poter offrire se non quello del proprio
incanto, di una rinnovata infanzia la cui forza sta nel sovvertire la scala dei
valori di questo mondo, troppo spesso inquinata dall’avidità, dal desiderio di
potere e di dominio, dalla prevaricazione e dalla violenza.
Mentre spesso i nostri occhi brillano
dinanzi alle vetrine dei negozi, quelli di Francesco si commuovono fino alle
lacrime dinanzi a un po' di fieno che diventa culla di un amore così folle da
farsi carne, per condividere la debolezza e la fragilità di coloro che ama,
tramutandole in forza e vitalità infinite.
Mentre le nostre mani cercano
sempre di prendere, accaparrare, ricevere di più e sempre di più, passando da
un falso bisogno ad un altro, in un circolo vizioso e consumistico, il Pastore
della meraviglia, con le sue braccia allargate e le sue mani vuote, non ha
altra brama se non quella di accogliere l’unica cosa che dà senso al vivere e
al morire: l’Amore.
Si, perché il Bambino di Betlemme
è tutto Amore, solo Amore, nient’altro che Amore. È amore che guarisce
dall’odio e dall’indifferenza. È amore che risana le ferite del cuore. È amore
che rimette in piedi, dona vigore ai sogni, muove la storia umana verso
orizzonti di pace e di giustizia. È amore che rende gli occhi capaci di
scorgere la luce anche nel bel mezzo della notte. Della mia notte, della tua
notte, della notte del mondo.
E quante volte in questi ultimi
anni ci siamo chiesti: quando arriverà la luce? Quando sorgerà l’aurora? Quando
terminerà la notte del male, della violenza e della guerra? Quante volte questa
domanda mi è stata posta dai ragazzi che incontro, dalle persone sofferenti che
spesso mi capita di accogliere e ascoltare. E quante volte io stesso, nel
profondo della mia preghiera, l’ho posta al Signore. E la risposta di Dio è
sempre stata una sola: la tua notte, la notte nel mondo, termina quando il tuo
cuore diventa fieno, la tua esistenza diventa culla, le tue parole diventano
carezze, i tuoi sogni diventano voci di angeli che annunciano la pace, e la tua
vita si trasforma in un presepe, capace di accogliere il Figlio di Dio, il suo Vangelo,
il suo sogno di pace.
Accogliere il Vangelo della Pace,
si è questo ciò che auguro a me e a tutti voi in questo Natale. E mentre, dal
silenzio della mia cappellina, provo a scrivere questi miei auguri, forse a
causa di un sonno che diventa sogno, immagino proprio qui, seduti accanto a me,
Francesco e il Pastore della Meraviglia che mi chiedono di rinunciare alle
parole di circostanza per invocare con loro, per me e per voi - magari proprio a
partire da questo Natale - la possibilità di essere strumenti di pace,
artigiani di fiducia, costruttori instancabili di speranza, proprio come recita
un’antica preghiera francescana:
Signore,
fa di noi strumenti della tua pace:
ara
il terreno bellicoso delle nostre esistenze,
rimuovi
le pietre dell’odio, dell’orgoglio, della prevaricazione,
affinché
tra le zolle della fraternità ritrovata,
si
innalzi luminoso e fecondo il mandorlo
dell’unità
e della concordia,
i
cui fiori segnano la primavera del tuo Regno che viene.
Dov'è
dubbio fa' che portiamo la fede,
condividendo
la fiducia in Te,
nel
tuo amore che custodisce, cura, ama,
testimoniando
la bellezza di seguirti sul serio,
senza
troppi orpelli e fardelli,
facendo
del tuo Vangelo “sine glossa”
la
bussola che orienta ogni passo,
la
fiammella che tiene accesa la speranza,
il
balsamo che risana ogni ferita.
Dove
è l'errore, che portiamo la verità,
senza
l’arroganza di sapere tutto,
senza
lo sguardo giudicante di chi si crede perfetto,
ma
con il passo di chi si mette accanto e cammina insieme,
con
l’umiltà di chi ha sperimentato sulla propria carne
l’errore
del cuore, il desiderio di un senso,
la
ricerca inquieta del significato,
fino
a trovarlo in Te, Amore sorgivo, senso di ogni cosa.
Dove
è la disperazione, che portiamo la speranza,
illuminando
con la nostra solidarietà le notti dei piccoli e dei poveri,
accarezzando
con la nostra tenerezza la vita di chi fa più fatica,
riempiendo
con la nostra vicinanza la solitudine
di
chi sente di valere poco agli occhi degli uomini
mentre
ha un valore infinito agli occhi Tuoi,
Amore
fatto carne, amico degli ultimi e dei marginali!
Dove
è tristezza, che portiamo la gioia,
dove
sono le tenebre, che portiamo la luce,
insegnando
a scorgere anche nella notte più oscura
i
segnali luminosi della tua Presenza,
condividendo
con tutti l’arte sacra di saper trovare,
anche
nei momenti più difficili,
un
motivo per gioire e ringraziare,
imparando
a danzare la vita sempre
e
senza timore!
Oh!
Maestro, fa che la nostra Chiesa non cerchi tanto
di
essere compresa, quanto di comprendere;
di
essere amata, quanto di amare,
affinché
ogni donna e ogni uomo
possano
sperimentare grazie al suo annuncio:
che
è solo dando, che si riceve.
Perdonando che si è perdonati.
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.
Amen
"...quante
volte in questi ultimi anni ci siamo chiesti: quando arriverà la luce? Quando
sorgerà l’aurora? Quando terminerà la notte del male, della violenza e della
guerra? Quante volte questa domanda mi è stata posta dai ragazzi che incontro,
dalle persone sofferenti che spesso mi capita di accogliere e ascoltare. E
quante volte io stesso, nel profondo della mia preghiera, l’ho posta al
Signore. E la risposta di Dio è sempre stata una sola: la tua notte, la notte
nel mondo, termina quando il tuo cuore diventa fieno, la tua esistenza diventa
culla, le tue parole diventano carezze, i tuoi sogni diventano voci di angeli
che annunciano la pace, e la tua vita si trasforma in un presepe, capace di
accogliere il Figlio di Dio, il suo Vangelo, il suo sogno di pace.
Accogliere il
Vangelo della Pace, si è questo ciò che auguro a me e a tutti voi in questo
Natale. E mentre, dal silenzio della mia cappellina, provo a scrivere questi
miei auguri, forse a causa di un sonno che diventa sogno, immagino proprio qui,
seduti accanto a me, Francesco e il Pastore della Meraviglia che mi chiedono di
rinunciare alle parole di circostanza per invocare con loro, per me e per voi -
magari proprio a partire da questo Natale - la possibilità di essere strumenti
di pace, artigiani di fiducia, costruttori instancabili di speranza..."
† don Mimmo
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