venerdì 2 dicembre 2016

LA NOTIZIA DEL GIORNO

LA NOTIZIA DEL GIORNO

Quando si vota e cosa cambia con la riforma costituzionale

Il 4 dicembre oltre 51 milioni di italiani chiamati a decidere sulla riforma Boschi. Ultimi appelli per il Sì e per il No dopo una campagna infuocata. Il premier chiude nella “sua” Firenze, Grillo a Torino. L’appello del Financial Times: "Renzi resti anche se vince No”. Berlusconi: “Rischio di uomo solo al comando”. Il quesito e le conseguenze del Referendum

Ultimo giorno di campagna elettorale prima del voto sul referendum costituzionale di domenica prossima, con i principali leader impegnati nella grandi città per convincere i numerosi indecisi. Il premier Matteo Renzi chiuderà la campagna per il Sì nella "sua" città natale, Firenze, mentre Beppe Grillo è atteso a Torino per sostenere il No alla Riforma. Una campagna elettorale che è stata caratterizzata da toni accesi e scambi di accuse reciproci, fra endorsment più o meno attesi, come quello di Romano Prodi, e continue polemiche sulle possibilità di brogli, in particolare per il nodo del voto degli italiani all'estero.
Salvini: "In voto estero voti inventati e comprati"
Nonstante si sia chiuso, anocra adesso è proprio il voto degli italiani all'estero a continuare a scatenare polemiche. "Nonostante i voti inventati o comprati in giro per il mondo da Renzi, il voto degli italiani farà vincere il No" attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, parlando con i cronisti davanti a palazzo Chigi. "Io penso che nei consolati e nelle ambasciate ne siano successe di cotte e di crude. Ma conto sul fatto che il voto degli italiani, quello dei romani, dei milanesi, dei torinesi o dei napoletani, sarà un voto per il no che supererà anche gli eventuali Sì inventati e comprati da Renzi in giro per il mondo. Non sono preoccupato".
Renzi: "Risultato aperto" Se Salvini è convinto della vittoria del No, per il presidente del Consiglio Renzi "il risultato del referendum è totalmente aperto, si gioca sul filo dei voti". Renzi commenta anche le voci secondo cui in caso di vittoria del sì si potrebbe tornare alle urne. "Tutti 'sti retroscena fantapolitici non li prendo neanche in considerazione...La risposta è negativa, quando si va alle elezioni lo decide il presidente della Repubblica ed il Parlamento". Io spero - ha proseguito - che vinciamo noi, in ogni caso bisogna rispettare il voto dei cittadini". Quanto all'aspetto personale di una sconfitta, Renzi risponde: "Quando hai fatto tutto, lotti fino all'ultimo ed i tuoi figli ti dicono 'babbo, veniamo in piazza a Firenze' dici: 'bene, è stata una cavalcata meravigliosa'. È stata una bellissima campagna referendaria, qualcuno ha insultato, offeso, scivoloni ma c'è un sacco di gente che si sta avvicinando alla politica, è bello quando porta fuori delle passioni". "La prima cosa da fare - ha proseguito - sarà chiedere al Parlamento l'ok al veto sul bilancio per dire 'basta fare il salvadanaio se non cambia la linea sull'immigrazione' tanto questi capiscono solo il tema dei soldi"...Con la vittoria del sì "l'Italia sarà più stabile" e avrà un ruolo centrale in Ue con opportunità per il nord Italia".
Il Financial Times: "Renzi resti"
"Roma ha bisogno di riforme, ma la stabilità è la prima cosa". Con questa frase, il Financial Times chiede a Renzi di "restare qualunque sia il risultato del referendum"
Berlusconi: "Rischio di uomo solo al comando"
Forti critiche alla riforma anche dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi,che ha ribadito anche in un lungo post la sua visione "antidemocratica" di questa riforma "Il signor Renzi, che è già padrone del suo partito, sarebbe padrone del governo, padrone del Senato, padrone della Camera, potrebbe scegliere come vuole il Capo dello Stato e gli altri organi di garanzia come i membri della Corte Costituzionale. E oltretutto, se il centrodestra vincesse le elezioni, con questa riforma non potrebbe comunque governare". Berlusconi ha più volte ribadito come questa riforma lasci "un uomo solo al comando" e di come questo non sia auspicabile per l'Italia.
M5S all'attacco
Ieri il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ai microfoni di Sky TG24 aveva mosso nuove critiche al governo “Stanno volando tante bugie sul voto, Renzi con questa riforma ci sta fregando”. Ed oggi su Twitter anche il leader pentastellato Beppe Grillo è tornato sulle accuse di ieri al premier “La scheda di Renzi non è un facsimile, è un falso” scrive, riprendendo la polemica di ieri sulla possibilità di querelare Renzi per “abuso di credulità popolare”.
La scheda sul voto
Il voto sul Referendum è previsto per domenica 4 dicembre. Le urne saranno aperte dalle ore 7 fino alle 23: potranno votare tutti i cittadini italiani che alla data della consultazione avranno compiuto 18 anni. Lo scrutinio inizierà subito dopo la chiusura delle urne. Il referendum sulla riforma costituzionale è necessario perché, durante il voto in Parlamento, non si è raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi prevista dall’articolo 138 della Costituzione: questa soglia, infatti, è necessaria per modificare la carta fondamentale senza consultazione referendaria. Si vota SI per confermare la riforma, NO per bocciarla. Non c'è bisogno di nessun quorum da raggiungere perché la consultazione sia valida. Sono chiamati alle urne 51 milioni di italiani, di cui 3,5 residenti all’estero e che voteranno in anticipo via posta. Per gli elettori impossibilitati a recarsi personalmente alle urne è possibile ricevere informazioni sul sito del Ministero dell’Interno.
Cosa cambia
Dall’elezione del Presidente della Repubblica alla fine del “bicameralismo paritario”, ecco alcuni dei punti centrali di cosa cambierà in caso di vittoria del Sì al Referendum

Presidente della Repubblica: L’elezione rimarrà sempre competenza di deputati e senatori, ma a votare saranno esclusivamente i 730 parlamentari (630 deputati e 100 senatori) e non parteciperanno – come avviene oggi – i 58 delegati delle Regioni. Il quorum rimane invariato nelle prime tre votazioni (2/3 degli aventi diritto), mentre nel nuovo testo dalla quarta alla sesta saranno necessari i 3/5 degli aventi diritto e non la maggioranza assoluta come adesso. Dopo sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei votanti. Non cambiano i poteri del Presidente (garante dell'unità nazionale, comando delle Forze armate, presiede il Consiglio superiore della magistratura) ma adesso potrà sciogliere unicamente la Camera e non più il Senato. Cambia radicalmente il criterio di nomina dei senatori a vita: i 5 senatori di nomina presidenziale rimarranno in carica 7 anni e non potranno essere nominati nuovamente. Nulla cambia per gli ex presidenti.

Cnel: Mette d’accordo il fronte del Sì e il fronte del No l’abolizione del Cnel, previsto dall’articolo 99 della Costituzione per rappresentare gli interessi del mondo del lavoro e delle professioni. Oltre al presidente e ai due vicepresidenti, l’organico del Cnel si compone di 64 consiglieri e 57 dipendenti. In caso di abolizione i dipendenti non potranno essere licenziati: passeranno alla Corte dei Conti. Abolite anche le province.
Senato: Se il Cnel mette d’accordo governo ed opposizione, è il Senato il punto nevralgico della riforma costituzionale. Il progetto prevede infatti di superare il sistema di “bicameralismo paritario” stabilito costituzionalmente, con le Camere che hanno equivalenti poteri, a favore di una Camera dei Deputati con un potere maggiore rispetto al Senato. Con la riforma il Senato sarà formato da 95 membri eletti dai Consigli Regionali e 5 nominati dal Capo dello Stato e perderà la capacità legislativa piena attuale, che rimarrà solo per riforme e leggi costituzionali; non potrà votare la fiducia. I senatori, che godranno delle stesse immunità dei deputati, potranno chiedere alla Camera di modificare alcune le leggi, ma la Camera non sarà obbligata a seguirne le direttive, salvo in caso di leggi riguardanti i rapporti Stato-Regioni, in cui per respingere la richiesta sarà necessaria la maggioranza assoluta dei deputati. La “doppia approvazione” rimane necessaria per leggi di sistema, leggi relative al Senato e leggi relative agli enti territoriali.
Referendum e leggi popolari: La riforma prevede l’introduzione dell’istituto del referendum propositivo, ovvero della possibilità di interrogare direttamente i cittadini su alcuni temi di attualità (es: le coppi di fatto). Cambia invece il numero delle firme per presentare un ddl di iniziativa popolare: da 50.0000 a 150.000.
Riforma delle Banche Popolari, stop del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha sospeso la circolare della Banca d'Italia che contiene le misure per la trasformazione della banche popolari in società per azioni. La decisione, in via cautelativa, è stata presa in seguito all’accoglimento parziale del ricorso di alcuni soci contro la riforma delle banche popolari. Secondo l'ordinanza pubblicata oggi, fra i punti bocciati, c’è anche la parte del regolamento di Banca d'Italia che consente la limitazione o l'esclusione del diritto al rimborso dei soci che hanno esercitato il diritto di recesso. I provvedimenti impugnati, secondo il Consiglio di Stato, incidono direttamente su prerogative relative allo status di socio della banca popolare. Emerge, quindi, un profilo di immediata lesività e la circolare "appare affetta da vizi”. La decisione del Consiglio di Stato ha portato in rosso le popolari quotate in Borsa, con perdite anche superiori al 4%. Sul riordino delle Banche Popolari deve ancora esprimersi la Corte Costituzionale, che dovrà dare un parere sulla legittimità della riforma. In attesa di ciò il Consiglio di Stato ha rinviato la discussione sul merito della sospensione. "L'ordinanza del Consiglio di Stato ha  accolto parzialmente il nostro ricorso. "Dobbiamo  aspettare la Corte costituzionale per avere certezze sul diritto di  recesso e per dire ai soci come comportarsi" ha commentato Fausto Capelli, uno degli avvocati che ha presentato il ricorso contro le disposizioni di Bankitalia sulla riforma delle  popolari. "L'ordinanza del Consiglio di Stato ha  accolto parzialmente il nostro ricorso”.

Nessun commento:

Posta un commento