mercoledì 14 dicembre 2016

LA NOTIZIA DEL GIORNO

LA NOTIZIA DEL GIORNO

Jobs Act, il nodo del referendum. Poletti: "Prima si voti"

Anche Palazzo Madama dice sì alla fiducia al governo. Assenti i senatori di Lega e Ala. M5S resta in Aula e vota No. Il Premier: “Il primo compito è completare le riforme avviate". Jobs Act, la Consulta deciderà l'11 gennaio su ammissibilità di referendum. Intanto ancora polemiche sul neo-ministro dell'istruzione Fedeli: "Ha mentito sulla laurea”

Dopo la fiducia incassata alla Camera, il governo Gentiloni ottiene la fiducia anche al Senato con 169 sì.  Ala e Lega non hanno partecipato al voto mentre il M5S ha votato contro. Il governo di Matteo Renzi, il 25 febbraio del 2014, ottenne la prima fiducia del Senato con lo stesso numero di voti favorevoli.

Gentiloni: "Governo nato per senso di responsabilità"
Prima del voto l'intervento del premier, che ha ribadito: "La scelta di Renzi merita rispetto". Poi ha precisato che il "nuovo governo è nato per senso di responsabilità" perché "bisogna dare solidità al Paese" e non certo per "amore della continuità". Riguardo al ruolo del Senato: "Ho condiviso la riforma - ha detto Gentiloni - ma il popolo ha deciso con un referendum dal risultato molto netto. Quindi potrei dire che, la fiducia che chiedo al Senato è un po' particolare: chiedo la vostra fiducia e esprimo la mia fiducia nei confronti del Senato e delle sue prerogative”. Intanto, mentre al Senato si vota la fiducia, la Camera ha approvato il decreto sul terremoto

"Completare le riforme avviate"
"Non è un governo di inizio legislatura ma innanzitutto deve completare la eccezionale opera di riforma, innovazione, modernizzazione di questi ultimi anni", "sarebbe assurdo che un governo che molti critici accusano di eccesso di continuità, immaginare che completare le riforme avviate non sia il suo compito principale". Gentiloni ha ribadito inoltre l'urgenza della riforma elettorale per "dare al nostro sistema regole che consentano alla Camera e al Senato di governare in modo armonizzato" e ha rivendicato per il suo esecutivo un "compito di facilitazione e sollecitazione" perché si trovi un'intesa tra le forze politiche.

Opposizione "partecipi a lavori in Aula"
Dal premier anche una frecciata alle opposizioni: "Invito chi in questi mesi si è battuto alzando la bandiera del Parlamento contro ipotetici e a mio avviso inesistenti tentativi autoritari a rispettare il Parlamento e a partecipare alle sue riunioni in modo civile e con dignità come prevede la costituzione".
L'agenda del nuovo governo
Gentiloni ha messo in cima all'agenda del suo esecutivo, come ha reso noto nelle dichiarazioni programmatiche, grandi nodi come il lavoro, il disagio del ceto medio, il rilancio per un' Ue meno austera. Domani il Premier avrà il battesimo all'estero partecipando al consiglio europeo.
Poletti e il nodo del Jobs Act
E proprio il lavoro, o meglio il Jobs Act, è al centro della discussione politica di questi giorni, con l'ipotesi di un voto referendario finalizzato a modificarne la parte relativa all'articolo 18. Se arrivasse il via libera della Consulta, il governo dovrebbe fissare la data del voto fra il 15 aprile e il 15 giugno. E anche se in questo caso ci sarebbe il quorum, diversamente dal referendum costituzionale, secondo alcuni osservatori dalle parti del Nazareno ci si interroga su come evitare il rischio di una seconda sconfitta referendaria. Sul tema oggi è intervenuto il padre della riforma: conversando con i cronisti al Senato, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si è detto convinto che il problema non si pone: "Mi sembra che l'atteggiamento prevalente sia quello di andare a votare presto, quindi prima del referendum sul Jobs Act". Se così fosse, il problema sarebbe risolto perché la legge parla chiaro: i quesiti referendari vanno congelati e spostati di un anno perché non si possono tenere insieme elezioni politiche e referendum. Intanto è stata resa nota la data nella quale la Consulta esaminerà l'ammissibilità del referendum. La Corte costituzionale esaminerà nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2017, in aggiunta alle altre cause già fissate, l'ammissibilità delle richieste relative a tre referendum abrogativi tutte concernenti disposizioni in materia di lavoro, comprese misure presenti nel Jobs Act. Le richieste sono già state dichiarate conformi a legge dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, con ordinanza depositata il 9 dicembre 2016.
La richiesta della Cgil e l’allarme di Confindustria
"Vale il merito e non la data". Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha risposto così a chi le chiedeva dell’ipotesi di rinvio della consultazione: "Mi pare che il ministro sia dotato di una sfera di cristallo". Per la leader della Cgil insistere sullo slittamento del referendum significa "non avere il coraggio di affrontare i problemi". Il referendum sul Jobs Act crea incertezza, sostiene il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. "L'ansietà del sistema Paese aumenta di giorno in giorno. Abbiamo fatto il Jobs Act e adesso se arriva il referendum cosa accade? Io imprenditore attendo e non assumo". La richiesta di referendum su cui dovrà pronunciarsi la Consulta a inizio gennaio riguarda tre quesiti abrogativi concernenti disposizioni in materia di lavoro: la cancellazione delle norme del Jobs Act che hanno modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e quindi la possibilità di licenziamento; il ritorno alle garanzie per i contributi dei lavoratori delle ditte che subappaltano lavori; e l’eliminazione dei cosiddetti voucher, ossia i buoni lavoro per il pagamento delle prestazioni accessorie.
Polemiche sul ministro dell'Istruzione
Intanto non si placa la bufera suò neo ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, al cnetro della polemica perché accusata di aver mentito sul suo titolo di studio. Il curriculum sul suo sito ufficiale parlava infatti di diploma di laurea in Scienze Sociali conseguito presso l’ente di formazione Unsas, che però è una scuola di formazione per assistenti sociali e non un'università. A sollevare il caso Mario Adinolfi con un post su Facebook.

La replica: "Errore in buona fede"
Il Messaggero riporta oggi la versione dello staff del neo-ministro, secondo cui l’errore sarebbe stato soltanto "lessicale" e fatto in buona fede: quel diploma corrisponderebbe infatti a una laurea breve in scienze sociali, corso istituito in seguito. Sul sito del ministro, la definizione è stata successivamente corretta.


Fonte: Sky Evening News

Nessun commento:

Posta un commento