venerdì 11 dicembre 2020

ADDIO A PAOLO ROSSI, L’EROE DI SPAGNA ‘82

 

SPORT

Dic 10ADDIO A PAOLO ROSSI, L’EROE DI SPAGNA ‘82

di Francesco Bonfanti

Dici Paolo Rossi e il pensiero va là, in Spagna, 1982.

Quei gol lo hanno fatto diventare per tutti Pablito.

Quel campionato del Mondo per tutti è diventato “Il Mundial”, la Spagna per sempre nelle nostre vite legata al ricordo di una cavalcata indimenticabile.

Non erano ancora le notti magiche, quelle sarebbero arrivate otto anni dopo, a Italia ’90, ma la Nazionale dell’82 (“Zoff, Gentile, Cabrini…”) si fece amare come nessun’altra, grazie anche e soprattutto ai sei gol di Paolo Rossi. Lui, convocato tra le polemiche dopo essere rimasto due anni fermo perché coinvolto nel calcioscommesse, lui che nelle prime gare era apparso spento e per nulla incisivo. Ma come spesso accade, basta una scintilla, quella che è scattata il 5 luglio 1982, giorno della sua incredibile tripletta al Brasile che ha cambiato la storia, sua e dell’Italia intera.

Una nazionale poco amata e molto criticata divenne simbolo di un intero paese, che da lì in avanti spinse con tutto il suo amore quel gruppo unico e irripetibile. Dei “Ragazzi dell’82”, come da lì in avanti vennero soprannominati e come loro stessi si chiamavano in chat, lui è stato uno dei simboli più emblematici, timido e schivo fuori dal campo, velenoso e opportunista in area di rigore.

Boniperti lo volle alla Juve nel momento di maggiore difficoltà, quando tutti lo evitavano, mentre la sua unica colpa era stata quella di non denunciare chi le partite se le vendeva davvero. Lui no, lui con quello schifo non aveva nulla a che fare. Ma pagò un conto salatissimo, costretto a vedere il calcio per due anni da fuori proprio nel momento in cui avrebbe potuto esplodere. Bearzot si fidò in lui, e fece bene.

I gol con le maglie del Lanerossi Vicenza e del Perugia che lo fecero conoscere e gli fecero guadagnare i Mondiali in Argentina, la parentesi buia, il trionfo mondiale e poi la Juve con Platini e Boniek, quindi il Milan e il Verona. Un’ultima parte di carriera meno brillante, certo, ma fare qualcosa di meglio di quei sei gol decisivi al Mundial non era cosa semplice. Anzi, era impossibile, specialmente con le ginocchia martoriate e un fisico che gli diceva di smettere.

Lo ricordano tutti come una brava persona, un ragazzo diventato uomo che non si è mai fatto travolgere dal suo essere mito. Lo era per tutti, non per se stesso. Lo dice chi ci ha giocato assieme e chi lo ha avuto come collega una volta intrapresa la carriera di opinionista. 

Mai sopra le righe, mai una frase fuori posto. 

Paolo Rossi, per sempre l’”hombre del partido”. 


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