“Addà passà a nuttat”
La bellezza del Natale
Lettera di Natale 2022
Notte santa. Notte
di Natale. Notte magica, come dicono alcuni. Notte di bontà, come la chiamano
altri. Notte sempre uguale o, forse, sempre diversa. Notte carica dell’attesa
dei bambini e della malinconia di chi, avanti negli anni, pensa alle notti
passate, senza assenze e mancanze. Notte che per alcuni continua anche quando
fuori c’è luce. Notte di chi cerca un oltre fissando le stelle.
Notte, notte
santa, è a te che mi rivolgo in questo Natale. Tu sei quella di sempre, quella
che incontro alla fine di ogni dì, ma nelle ore del Natale ti vesti di mistero,
e pur pronunciando da sempre le stesse parole, vieni compresa in modo diverso
da chi vive tempi buoni, da chi vive giorni difficili, da chi si sente smarrito
o da chi gioisce per essersi sentito ritrovato. Cara Notte, quante volte sei tu
a farmi compagnia mentre passeggio per la terrazza di questo episcopio,
accarezzato dai secoli di storia che dall’alto della cattedrale raccontano a
chi passa tra questi vicoli storie di fede, storie di carità ma anche di
travagli, miserie, infedeltà, delusioni e speranze. Sai, anche se a volte ti
combatto, preso dalle tante preoccupazioni che non riesco ancora ad affidare
tutte al Signore, senza pensarci più, molte volte mi sei amica, sei voce
gentile che al cuore narra la presenza discreta di un Dio, “questo Dio che
viene di notte e in solitudine”. Di notte e in solitudine, così descrive il
venire di Dio David Maria Turoldo e con il suo sguardo poetico e mistico
continua dicendo che “forse nella storia degli uomini è sempre notte; e ognuno
è sempre solo e possono essere già questi i primi segni della incarnazione di
Cristo: rompere la nostra notte e riempire la nostra solitudine”. Che immagine
densa di verità: nella nostra notte Dio riempie la solitudine del cuore, si
sdraia accanto a noi, ci sussurra parole di vita e di amore, prendendoci per
mano nelle ore più buie, fino all’arrivo dell’alba. La notte degli uomini
diventa così la culla di Dio, il luogo più buio diventa quello più luminoso
perché per Lui “la notte è chiara come il giorno e le tenebre sono come luce”
(Sal 138).
Per questo scrivo
a te, notte, perché diventi luminosa nell’accogliere il mio Dio e Signore,
perché sei la cornice del suo farsi carne, l’unica testimone oculare della sua
resurrezione. E, nello stesso tempo, sei lo spazio abitato da un’infinità di
uomini e donne che fanno fatica a scorgere i segni dell’alba, i raggi
primogeniti della luce, perdendo la speranza nel sole che sembra non arrivare
mai per la loro vita. Credo sia proprio per questo che Dio ti sceglie. Sceglie
il tuo buio per rischiarare coloro che “stanno nelle tenebre e nell’ombra di
morte” (Lc 1, 79). Sceglie il tuo
silenzio per riempire con la sua Parola i vuoti e le risacche della nostra
anima. Sceglie la tua solitudine per raggiungere coloro che sentono bruciare
sulla loro pelle l’esclusione e la marginalità, la sofferenza di relazioni
interrotte, l’isolamento di chi non riesce più a comunicare con gli altri e con
la vita. Dio ti sceglie, notte, per farsi compagno di ogni uomo e di ogni donna
che ha nostalgia della luce, ti sceglie per prenderli per mano e affrettare
l’aurora della loro speranza, l’alba della loro vita.
È per questo che
ti scrivo: per raggiungere con il Dio della luce le notti di questa nostra
terra, di questo nostro tempo. Penso alle tante notti della mia amata città che
si è così abituata a dire che “addà passà
a nuttat” che a volte rischia di dimenticare che la notte più buia è anche
quella in cui occorre restare più vigili, per scorgere i tanti segnali di luce
che pure non mancano e da cui occorre ripartire per affrettare insieme l’aurora.
Penso alle notti che come Chiesa viviamo, quando ci sentiamo incapaci di
comunicare il Vangelo a questo mondo cambiato in un batter d’occhio, senza che
ce ne rendessimo conto per davvero: così afferrati dal timore e dallo
smarrimento ci trinceriamo dietro mille barricate pur di non mettere in
discussione le nostre strutture, pur di resistere ai mutamenti della storia,
dimenticando che lo Spirito abita in essa e che il mutare della forma non
cambia e non cambierà mai la Parola di vita e di speranza. Penso alle notti dei
tanti giovani che incontro ogni giorno: alla notte di Luigi costretto ad andare
lontano per trovare un lavoro dignitoso distante da ogni sfruttamento, a quella
di Ciro che dal tempo del lockdown è
in prigione nella sua camera, rifiutando ogni amicizia e facendo sentire i suoi
genitori disperati e impotenti, a quella di Matteo che dalla finestra di una comunità-alloggio
sogna un futuro dal sapore di casa e di famiglia.
Penso alle notti
di tante famiglie nella morsa della povertà, alle notti di Francesca che da
poco ha perso il lavoro, a quella di Carmine che è in cassa integrazione e le
cui sorti sono appese a un filo in mano a una cinica multinazionale, a quella
di Luisa che con la sua misera pensione fatica ad arrivare a fine mese, ai
tanti poveri che si sentono trattati come un numero di un’arida statistica da
chi, fedele a un patto sociale, dovrebbe prendersi cura di loro. Penso alle
notti del piccolo Tommaso e della piccolissima Erika, che stanno passando da
troppo tempo la loro infanzia tra le mura di un ospedale, alleviati però, oltre
che dall’amore della famiglia, da quello di tanti medici che insieme a tutto il
personale sanitario lottano per far si che una nuova luce sorga anche per loro.
Penso alle notti Vitaly e di Olga, a quelle di Peter e Felix, alle notti di
guerra di tanti popoli, tra cui quello ucraino, notti cadenzate dal rumore
assassino delle bombe, notti vissute senza la certezza di un nuovo giorno, notti
di angoscia e di terrore. Penso alle notti di chi cerca un senso alla propria
vita, a quelle di chi scruta il cielo afferrato dal desiderio di scoprire una
stella capace di illuminare di significato l’esistenza e di orientare il cammino
tra il caos di questo mondo.
A tutti loro, a
questi volti e questi nomi sconosciuti ai potenti di questo mondo ma noti a Dio
e custoditi nel piccolo cuore del Bambino di Betlemme, vorrei che tu, Notte
santa, portassi una carezza di speranza, un fascio di luce, una melodia di
amore e di vita. Che il tenero vagito del Figlio di Dio parli al cuore della
mia città, ridestandola a una gioia vigile, fatta di passione e desiderio di
camminare insieme. Che l’affidamento fiducioso della sua giovane Madre ispiri
la Chiesa a fidarsi solo di Dio, della sua incrollabile fedeltà, non alle
nostre strutture ma alla storia degli uomini e delle donne, che è storia amata
e salvata, nella quale dobbiamo incarnarci come Lui stesso si è incarnato. Che
l’ombra di Giuseppe di Nazareth, custode discreto dell’alba nel buio freddo
della notte, aiuti tutti noi a custodire gli ultimi e i piccoli, coloro che
rischiano non di restare ai margini ma di essere messi fuori dalla comunità.
Che il cammino dei pastori verso Betlemme divenga il cammino di ogni povero,
ispirandogli la certezza che nella “buona notizia” di quel Bambino vi è il
segreto del riscatto, la forza pacifica e potente della lotta per la giustizia,
le istruzioni più utili per costruire la pace. Che il canto degli angeli
accompagni le notti dei tanti bambini vittime della guerra e dell’ingiustizia,
della malattia e dell’incuria, che la sua melodia arrivi al cuore dei potenti
sciogliendone i grumi più duri, trasformando il nostro cuore di pietra in un
cuore di carne.
E nel tuo
congedarti da noi, Notte santa, donaci la tua benedizione, quella che ti ha
lasciato in pegno il Figlio di Dio che sotto il tuo sguardo discreto si è fatto
Figlio dell’Uomo. Da te benedetti non mancheremo anche di noi di benedire il
Cielo per il dono del Figlio che ci è stato dato, del Bambino nato per noi. Con
la tua benedizione sarà più facile unirci al coro degli angeli e cantare con la
nostra vita la bellezza della fedeltà di Dio, la fiducia nella sua Parola,
l’incrollabile certezza che l’ora più buia non è altro che il preludio dell’alba.
Notte Santa,
mentre ti rivolgo queste ultime parole guardo fuori dalla finestra della mia
cappellina e vedo che sei già andata via: il primo sole del Natale mi
raggiunge, chiedo al Signore di fare del mio cuore uno specchio affinché i suoi
raggi si riflettano fino a illuminare il volto di chi amo, gli occhi di coloro
che mi sono affidati, i cuori di chi ancora non si è accorto che c’è ancora
speranza di vita, che Dio non viene e non verrà mai meno alle sue promesse di
salvezza, che vale ancora la pena, anche in mezzo alle difficoltà del nostro
tempo, di guardarsi negli occhi, riconciliarsi, abbracciarsi e dirsi: buon
Natale!
†
don Mimmo
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