La bellezza dell’incontro con l’altro
Ne parla l’Arcivescovo don Mimmo
Battaglia nella Seconda Lettera di Avvento
La bellezza dell’incontro con l’altro,
costante oppure occasionale, che si realizza o che resta sospesa, incompiuta,
attesa o inattesa, attenta o distratta. La bellezza dell’incontro con l’altro
si esprime con uno sguardo, una stretta di mano, un sorriso, un abbraccio, un
pensiero.
Lo
sottolinea l’Arcivescovo Metropolita di Napoli, don Mimmo Battaglia, nella
seconda Lettera da lui scritta per l’Avvento, indirizzandola simbolicamente a
Paolino, invalido, costretto alla sedia a rotelle.
Don Mimmo prende
spunto dal profeta Isaia, il quale, nel pensare al Paradiso,
racconta delle relazioni “improbabili” tra animali domestici e selvatici, tra
prede e predatori, inserendovi, poi, l’immagine di un Bambino, di una vita
nuova; un Bambino che rende possibile le relazioni tra mondi apparentemente
inconciliabili, in guerra l’uno con l’altro. È nella relazione con questo
Bambino, fragile ma potente nell’amore, che possiamo imparare anche noi a
relazionarci gli uni gli altri e a restaurare quelle relazioni che possono
sembrare perdute. che hanno il sapore della speranza ma
anche il retrogusto della fatica.
Penso,
dice l’Arcivescovo di Napoli, a quelle
relazioni appesantite dalle incomprensioni, dai litigi, dai non detti,
dall’incapacità di accorgersi dei bisogni più profondi dell’altro. E penso
anche a quelle relazioni andate avanti sulla scia delle abitudini, in cui non
ci si è presi realmente cura gli uni degli altri, in cui non ci si è fatti
carico di quei cambiamenti necessari e di quelle correzioni indispensabili.
C’è ancora speranza per queste
relazioni? Sì, nella misura in cui saremo capaci di fare tre passi molto
concreti…
Il primo passo sta nella capacità di
fare il primo passo, non vivendo più la relazione da spettatore, lasciando che
sia il mare a portarla dove vuole, ma afferrandone il timone attraverso il
dialogo, l’ascolto, la parola, il confronto. Quanti problemi avremmo evitato,
quante cancrene saremmo stati capaci di prevenire se invece di lasciar correre,
se invece di aspettare che le cose si aggiustassero da sole avremmo usato la
sfida del dialogo!
Il secondo passo è quello di
comprendere le ragioni dell’altro, anche quando non le si condivide, anche
quando sono lontane dalla nostra realtà, dal nostro pensare, dal nostro
sentire. Comprendere l’altro significa dargli diritto di cittadinanza nella
nostra vita, entrare realmente nel suo mondo, scoprendo il suo punto di vista,
imparando che, anche dove a volte pensiamo che ci siano solo torto ed errore, ci
possono essere ragione e verità.
Il
terzo passo è quello di trovare, tra le tante cose che ci dividono e ci
separano, ciò che ci unisce nel profondo. Il diventare uomo di Dio in Gesù
manifesta proprio il suo farsi uno con ciascuno di noi, il suo desiderio di
condividere la nostra carne, il nostro sangue abbattendo ogni muro di
separazione. Quante volte nei nostri litigi dimentichiamo l’amore che ci
unisce, volendo primeggiare gli uni sugli altri, o semplicemente volendo far
valere a tutti costi quelle che sono le nostre ragioni.
Usciamo dal recinto gretto delle nostre
pretese, aggiunge l’Arcivescovo Battaglia, e incontriamo l’altro nella sua
bellezza, grati per la sua presenza nella nostra vita. Può essere l’altro che
ci appartiene, al quale apparteniamo, quello che aspetti, che ti aspetta. Può
essere l’altro con cui lavori, lo sconosciuto che incontri per caso e che forse
non rivedrai mai più, l’amico col quale sorseggi il caffè al bar il mattino
presto. Può essere una bellezza quotidiana, consueta, oppure una bellezza
insolita, inaspettata che non abbiamo mai conosciuto.
Nessun commento:
Posta un commento