martedì 14 luglio 2020

Cifre enormi per ingiuste detenzioni: chi paga?

Ill.mo Avv. David Ermini n.q. Vice Presidente C.S.M. comunicazioni@cosmag.it Ill.mo On. Alfonso Bonafede Ministro della Giustizia segreteria.ministro@giustizia.it segr.ministro@giustizia.it TRASMISSIONE VIA MAIL

Oggetto: pagamenti per ingiusta detenzione Signor Vice Presidente, Signor Ministro, alla luce dei dati in crescita in merito alle ordinanze e gli indennizzi per chi è stato ingiustamente privato della propria libertà, vorrei porre un quesito.


Nel 2018 le ordinanze di riparazione sono state 895; siamo passati in un solo anno, nel 2019, a 1000 ordinanze. Quanto all’ammontare degli indennizzi, sempre dal 2018 al 2019, a livello nazionale, parliamo di una cifra che è lievitata da 33.373.830 milioni di euro a 43.496.630 milioni di euro. È una situazione realmente incancrenita. Mi domando se sia solo lo Stato a pagare per un danno tanto grave, considerando che in altri ambiti, come quello della Sanità ad esempio, c’è la responsabilità medica nel caso di errore e dunque colpa. Troppo spesso in secondo appello la sentenza di un magistrato va ad annullare la sentenza precedente emanata da un altro collega: data l’evidenza di contraddittorietà, uno dei due è certamente in errore. Mi permetto poi di sottolineare un altro dato in merito alle ingiuste detenzioni. Il primato spetta a Napoli, che nel 2019 ha emanato 129 ordinanze di riparazione rispetto alle 113 dell’anno precedente, sebbene la cifra per i pagamenti non sia la più alta: parliamo infatti di 3.207.214 milioni di euro contro, ad esempio, una somma assai più cospicua a Reggio Calabria. Su 120 ordinanze, infatti, sono stati spesi 9.836.865 milioni di euro. Gli errori sono tanti, troppi. Chi sbaglia è giusto che paghi, non solo a livello disciplinare ma anche a livello economico. Privare ingiustamente della libertà personale non è solo un reato grave, è soprattutto un profondo danno morale e psicologico a cui difficilmente si può riparare. Se si emettono ordinanze di riparazione, probabilmente sin dal principio non vi erano prove sufficienti per emanare ordinanze di custodia cautelare; e se i magistrati non sono stati in grado di valutare bene gli elementi a disposizione, prima o dopo, vuol dire che c’è stato o c’è un errore. Ringraziando della cortese attenzione, invio distinti saluti. Roma,


14 Luglio 2020                                                          f.to
                                                                                   On. Antonio DEL MONACO

Nessun commento:

Posta un commento