Santuario della Beata
Vergine Maria del Santo Rosario di Pompei
3 ottobre 2021
omelia
Carissime sorelle e fratelli,
è una gioia per me essere qui
con voi, in questo giorno così solenne ma allo stesso tempo, familiare, intimo,
perché abitato da un incrocio di sguardi che sanno di cielo, come ogni sguardo
che lega una madre e i suoi figli. Oggi Maria di Nazareth, Madre della Chiesa,
gioisce nel vedere uniti i suoi figli intorno a lei e i figli si rallegrano nel
respirare il calore del suo abbraccio, calore che porteranno con sé una volta
lasciate le mura sicure di casa, e a cui attingeranno ogni qual volta la strada
si farà impervia e il cammino tortuoso. Grazie Fratello Vescovo Tommaso, per
avermi invitato in questa città di Maria e avermi permesso di spezzare con voi
e per voi il pane della Parola del suo Figlio!
Maria ripete e propone
unicamente la Parola del Figlio. Se la guardiamo nei Vangeli la ritroviamo
disponibile ad accogliere la Parola, pronta a metterla in pratica, beata per
avervi creduto, rapida nell’indicarla come univa via possibile di salvezza, di
gioia e di fraternità.
Ogni qualvolta ci rivolgiamo a
lei, ci sentiamo ripetere le parole che disse a Cana: fate quello che vi dirà! Rispondendo a quest’invito, ci addentriamo
così nella buona notizia del Vangelo: ecco, dovremmo sempre ricordarcelo, la
Parola di Dio, il Vangelo è buona notizia!
E il frutto di una buona notizia è lo spuntare di un sorriso sul volto, di una
lacrima di gioia dagli occhi, di un vigore nuovo e prezioso capace di dare
slancio alle fatiche quotidiane. Qual è la buona notizia che il Vangelo oggi ci
consegna? È che Dio non è il Dio dei grandi e dei potenti ma dei piccoli, degli
umili, di coloro che non contano niente agli occhi del mondo ma che lui non
dimentica e per i quali interviene, a tutela della loro dignità di figli, della
loro uguaglianza di fratelli e sorelle amati dal Padre!
Domandano a Gesù se è lecito a
un marito ripudiare la propria moglie e ovviamente, in linea con la tradizione
religiosa, la risposta appare scontata: si, è lecito! Mosè infatti ha permesso
al marito di scrivere un atto di ripudio per mandar via la propria moglie. Ma
Gesù interviene spiegando e prendendo le distanze: Mosè scrisse questa norma per la durezza del vostro cuore. È la
sclerocardia il terreno su cui andrà a seminare Mosè e questo ci fa comprendere
come spesso le regole, le norme, più che riflettere l’intenzione originaria e
liberante del Padre diventano un compromesso che rispecchia la piccolezza e la
durezza del cuore degli uomini. Non può passare sott’occhio il fatto che ad
essere oggetto di ripudio, nella questione posta a Gesù, è unicamente la donna,
la quale era ben lontana dal godere degli stessi diritti dell’uomo, ridotta
così ad un mero oggetto di possesso di cui potersi disfare attraverso il
ripudio. Intervenendo con chiarezza, Gesù non ristabilisce solo una sacralità
della relazione, ma riporta tutti alla sorgente dell’Amore. Quell’amore che al
principio creò l’uomo e la donna uguali nella dignità, nella bellezza, nel
rispecchiare, insieme, l’immagine e la somiglianza di Dio! E così la parola di
Gesù diventa baluardo di difesa dell’amore vero, autentico, lontano dal
possesso e dal dominio e nello stesso tempo si fa strumento di liberazione per
la donna, che entra nella logica dell’amore matrimoniale con gli stessi diritti
e doveri dell’uomo. Così, mentre noi corriamo il rischio di cercare tra questi
versi evangelici esclusivamente un pronunciamento chiaro sulla fine di un amore, Gesù ci riporta all’inizio dell’amore, al suo principio,
riconsegnandoci al sogno di un Dio che non separa ma unisce, che non crea
logiche di dominio ma di condivisione, che affida la scintilla del proprio
amore alle mani fragili dell’uomo e della donna, invitandoli alla cura
vicendevole e al rispetto autentico. Provate a pensare la grande emozione del
“per sempre”... ti sposo per sempre, l’emozione di questa sfida: sei come
sigillo sulla mia carne, sul mio cuore... pensate cosa diventa questa emozione
del “per sempre” quando la si impoverisce, la si appiattisce ad un precetto. E
quello che sto dicendo per l’indissolubilità vale anche per la fedeltà: che
spesso è impoverita a “non tradire l’altro” e non invece interpretata a
investimento di fiducia nell’altro, come evoca la parola, a passione per la sua
immagine, a rispetto tenero del suo volto, a scommessa sull’altro, sulla sua
creatività e libertà.
Due sposi, nel giorno del
matrimonio, non dovrebbero promettere di stare insieme per sempre, ma di tenere
per sempre vivo l’amore. È questo che consente loro di crescere. La fedeltà
quotidiana “all’inizio” per non ricadere nella solitudine. Perché il male è la
solitudine. Dio non è per la solitudine. La solitudine, come la distanza, non è
colmata dai discorsi, è colmata da uno sguardo, da una carezza, da un
abbraccio.
La questione che il Signore
pone, come vedete, è ben più grande del semplice quesito del ripudio: è un
invito alla condivisione, alla protezione, alla difesa e alla custodia del suo
sogno che è amore infinito ed eterno!
Un amore che sovverte ogni
ragionamento mondano, ogni cerimoniale umano, dando rilievo a ciò che agli
occhi dei grandi non conta, rimettendo al centro coloro che dall’ambizione
egoistica vengono posti ai margini, annientando le distanze che separano i
piccoli e gli ultimi dal posto che il sogno di Dio assegna loro: il suo cuore.
Chi non accoglie il regno di
Dio come un bambino, non entrerà in esso. Gesù è chiaro: prendete esempio dai
più piccoli, dalla loro fiducia, dalla loro istintiva bontà, dalla semplicità
con cui accolgono le parole che vengono rivolte. È un inversione di
prospettiva: anche chi è più piccolo va ascoltato e lasciato avvicinare, perché
ha cose da dire, da chiedere, da ricevere, perché è senz’altro potere che non
sia il suo esistere.
Il Vangelo ci mostra così
l’atteggiamento dei discepoli, ancora distanti dall’essere in sintonia con il
pensiero del Maestro e per questo pronti ad allontanare con fastidio i bambini
provocando l’indignazione di Gesù. I bambini a quel tempo - ma quante volte
anche al nostro - contavano poco, erano senza diritti, la loro parola non
veniva ascoltata e il loro volere era considerato privo di valore. I bambini erano
e sono ancora un segno dei fragili, dei piccoli, degli ultimi. Molti bambini
non sono invisibili, ma non veduti. E ogni qualvolta che la comunità cristiana
non si mette al loro servizio ma piuttosto con il suo comportamento li
respinge, li calpesta, li ignora privandoli così di camminare verso la
bellezza, la pienezza, la dignità che Dio desidera per loro, l’atteggiamento di
Gesù nei suoi riguardi è di indignazione! Il Maestro, sempre paziente e
disponibile, non sopporta che venga lesa la dignità dei piccoli, calpestato il
diritto dei bambini, annientato il desiderio di felicità degli ultimi!
L’indignazione di Gesù si tramuta però in sorriso e benedizione ogni qualvolta
la Chiesa e la comunità tutta rimettono al centro i bambini, accogliendoli con
tenerezza, curandoli con competenza, prodigandosi per la fioritura della loro
vita!
Il futuro è dei piccoli, e
ogni futuro va costruito nel presente, nella capacità di accogliere, di agire
per il giusto oggi, affinché il domani veda innalzato chi è umiliato adesso.
Quante volte invece le nostre
parole incoerenti, l’egoismo delle nostre azioni tradisce l’amore e la
giustizia? Quante volte allontaniamo da noi i bambini, gli indifesi, e non ci
accorgiamo della durezza dei nostri cuori?
Molti ragazzi vengono definiti
a rischio di devianza. Ma forse, a essere a rischio è la nostra capacita di
amare e di accogliere. Disponibilità ad abbracciare i più piccoli e a non
ripudiare nessuno è non tanto fare domande come i farisei, ma saper offrire
risposte.
Qui a Pompei tocchiamo con
mano quanto al Signore stiano a cuore i bambini e gli ultimi! Qui
l’indignazione di Gesù nei riguardi di coloro che violano i piccoli,
usurpandone i diritti e la dignità, diviene sorriso, gioia, benedizione,
sigillo inossidabile di autenticità posto su tutti coloro che accogliendo i
bambini, tutelandone la vita, ponendosi al servizio della loro crescita
mostrano la duplice vocazione di questa terra, fecondata dall’apostolato di
Bartolo Longo: essere una casa di preghiera, essere un santuario di carità!
E non è un caso che questo
avvenga sotto lo sguardo e la custodia di Maria, donna della speranza, madre
dell’amore, che ci indica continuamente la strada della felicità, invitandoci a
seguire Gesù, ad ascoltare la sua Parola e credervi con generosità. Come ha
creduto lei, prima discepola del Figlio, attraversando le domande della vita,
dando a Dio la possibilità di parlare nella parte più profonda della sua anima!
Ed è per questo che dagli abissi del suo cuore sale il canto di speranza, un
canto che non è solo di Maria ma di tutto il popolo: “Ha spiegato la potenza
del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha
rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni
gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”.
Maria ci invita
così a riconoscere le tracce di Dio nella storia e dentro di noi, sapendo che
Lui si è già fatto vicino, presente, lo abbiamo già incontrato, lo incontriamo
ogni giorno sulle strade della nostra quotidianità. I poveri e gli ultimi
conoscono la potenza dell'amore del Signore, perché la sua signoria li
risolleva dalla loro condizione. Il Signore accoglie la sofferenza, le lacrime,
il dolore, delle periferie di questa storia, del grido inascoltato. La vita di
chi sembra non avere più dignità davanti agli uomini, è già amata e salvata,
perché è nelle mani di Dio. Maria ci conferma in questa verità…
C’è un canto
che proviene dall’America Latina e che cantiamo spesso, nella versione
italiana, nei nostri santuari e nelle nostre chiese: Santa Maria del Cammino. A volte, come spesso accade con le
canzoni, lo cantiamo senza conoscere da dove viene e il contesto da cui ha
preso vita. Quel canto nasce dalla voce di tanti campesinos che verso la fine
della seconda metà del secolo scorso, trovarono nella Parola di liberazione e
di salvezza di Gesù, la forza e il motivo per organizzarsi e lottare
pacificamente e senza violenza contro il sistema di oppressione che rendeva i
poveri sempre più poveri, schiacciandoli nella loro dignità di figli di Dio! A
chi guardavano quegli umili contadini? A chi decisero di chiedere aiuto,
compagnia, audacia se non all’umile ragazza di Nazareth, alla Madre dei piccoli
e dei poveri, alla Donna del Magnificat? E così nelle loro marcie di protesta,
nelle processioni dopo il lavoro, nel segreto della loro preghiera, portando ai
suoi piedi i desideri di bene di tutta l’umanità si rivolgevano alla loro
Madre, cantando: Vieni o madre in mezzo
noi, vieni Maria quaggiù! Cammineremo insieme a te, verso la libertà!
Oggi, guardando a Maria in quest’ora così cara a tanti
suoi figli e figlie sparse per il mondo, dinanzi alla complessità di un tempo
storico in cui le avversità sembrano tarpare le ali all’entusiasmo del futuro e
l’egoismo dei cuori appare il pericolo più grande per l’intera umanità e
perfino per il pianeta, chiediamo anche noi alla nostra Madre di diventare
nostra compagna di viaggio, promettendole di tenerla accanto a noi, senza
relegarla nella nicchia di un altare ma consentendole di abitare nei nostri
cuori, tra le nostre case, mentre una mano sgrana il suo rosario benedetto, dolce catena che ci rannoda a Dio e
l’altra mano dona un pasto ad un povero, una carezza ad un bambino, un aiuto ad
un anziano.
Facendo mie le parole del canto, con voi e per voi
vorrei ripetere a Maria:
Madre nostra, Donna del Magnificat, donaci il coraggio
di credere che mentre trascorre la vita, nessuno di noi è mai solo, poiché tu,
santa Maria del Cammino, sempre sei con noi. E quando qualcuno ci dice
rassegnato: “Nulla mai cambierà”, ridesta in noi il desiderio di lottare per un
mondo nuovo, di lottare per la verità! E se nel nostro quotidiano, lungo la
strada di tutti i giorni, incontriamo persone chiuse in sé stesse, senza una
meta apparente, aiutaci a fare il primo passo, offrendo per primi la mano a chi
ci è vicino. E quando la stanchezza ci afferra e ci sembra inutile continuare a
lottare, ricordaci che nessuna fatica d’amore andrà perduta e che sul solco del
nostro cammino, altri uomini e altre donne si metteranno alla sequela del bene,
alla sequela del tuo Figlio.
Vieni o Madre in mezzo a noi, vieni, Maria quaggiù.
Cammineremo insieme a te verso la libertà.
Amen!
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