Messaggio al G20
Sorelle e fratelli potenti, governanti
di ricche nazioni e grandi Stati, nel darvi il benvenuto anche a nome della Chiesa
napoletana in questa terra generosa e accogliente, vi chiedo perdono se in
questo mio discorso oserò prendere la parola a nome vostro.
Prendo indebitamente in prestito il
vostro prestigio e l’attenzione che esso comporta per rivolgermi a quanti non
godono di alcun privilegio e di alcun diritto. A nome vostro, sorelle e fratelli
primi, parlerò agli ultimi.
Parlerò a voi, fratelli e sorelle, che
siete i primi agli occhi di Dio, a voi vedove e orfani, stranieri e ammalati,
anziani e soli, popolo dei diseredati, degli scartati; a voi che nessuno vuole
e che nessuno considera: a voi voglio innanzitutto chiedere perdono a nome dei
fratelli potenti, che reggono le sorti di numerosi popoli, per non aver
ascoltato il vostro grido, il vostro dolore, per non aver dato un volto alla
vostra sofferenza. Sono sicuro che non si offenderanno se a nome loro chiedo
scusa.
In questi giorni, nella nostra amata
città, si riuniscono quanti hanno diritto ad un nome e a un’opinione, coloro
che ascolti in silenzio e che non osi interrompere, la cui parola si trasforma
in azione se solo lo vogliono, se solo lo desiderano.
Allora dico ai poveri: gridate! Gridate
il vostro bisogno di dignità e di uguaglianza! Gridate come la vedova che
chiede insistentemente giustizia al giudice (finanche se il giudice fosse
corrotto)! Non si arresti il vostro grido per ottenere giustizia da quanti
hanno una parola efficace. Prima o poi, fratelli miei poveri, sorelle mie povere,
questo grido si farà storia e come seme cadrà sulla terra buona. Non siate
indifferenti a quanto accade intorno a noi, siate voce nel deserto per un mondo
alla deriva. E tu, Chiesa di Dio, chiamata a difendere il diritto dei poveri,
la dignità degli ultimi, unisciti al loro coro e alza la tua voce: questo è il
tempo opportuno per la tua profezia.
Non si offendano i primi se parlo agli
ultimi; se quando si tratta di emergenza climatica ed energetica, non penso al
profitto, ma a nomi e persone, che a causa dell’abuso delle risorse sono
costretti a migrare, vedono i loro paesi distrutti dalla guerra, si trovano
privati dei diritti più elementari quali istruzione, lavoro e salute. A questi
ultimi va il mio accorato appello: fratelli e sorelle, non cessate di
denunciare l’ingiustizia che vi attanaglia, il sistema che vi distrugge.
Abbiate cura della casa di Dio, della
Madre Terra, non in nome di un profitto, ma per amore di volti e persone.
Voi dite «crisi economica», io leggo
«Antonio, Gennaro, Francesca, Annamaria…», nomi e storie di quanti hanno perso
il lavoro per questioni di “revisione gestionale”, perché sono cambiate le
esigenze di mercato a fronte della richiesta, perché la borsa è in calo e…
tante cose che sono numeri e non persone. Penso alla Whirpool e ai tanti
disoccupati della nostra città, del Sud e di tutti i Sud del mondo, che per il
ricatto tipico dell’economia del consumo, vedete minacciato il vostro diritto
al lavoro e a un equo compenso. Voi che non chiedete più del dovuto e a cui è
negato anche il minimo, gridate, ché io, vostro fratello nella battaglia, grido
con voi!
Infine, mi rivolgo ai giovani e, a nome
dei miei fratelli e sorelle primi, vi dico: aiutateci! Siate aria fresca! Noi
promettiamo di aprire le finestre del cuore, per permettere che la vostra voce
possa portare frutto. Promettiamo che non ci sarà bisogno che ricorriate alla
violenza per farvi sentire, che non vi costringeremo più alla sommossa perché
la vostra voce giunga in alto. Sapremo farci orecchio attento, che non ha bisogno
di eclatanti sommosse per essere richiamato all’attenzione. Da parte vostra,
però, chiedo collaborazione e comprensione: che la nostra città sia esempio di
grido pacifico, ma convincente, affinché all’ingiustizia non si aggiunga la
violenza.
Mi perdonino i primi se ho parlato agli
ultimi. Ma sono un vescovo della Chiesa di Cristo, un semplice servo di Colui che
da primo si fece ultimo e che da ricco si fece povero. Il suo grido sulla croce
ancora riecheggia nei secoli e si mescola senza distinzione al grido di ogni
povero, di ogni popolo oppresso, di ogni ultimo della terra.
Che Dio ci benedica tutti, che benedica
i primi e gli ultimi, e che ci renda strumento di conversione vicendevole per
una nuova alba di giustizia e di pace.
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