Più che una vera conclusione
vorrei soprattutto provare a tirare le fila degli incontri e dei dibattiti di
questi tre giorni.
E vorrei cominciare a farlo
ringraziando i tantissimi amici e tutti gli ospiti che hanno accolto il nostro
invito salendo su questo palco per portare il loro contributo di proposte nel
salvadanaio delle idee della Costituente Popolare.
Vedete, la Costituente Popolare
per come la immagino io deve essere un processo costruito mettendo insieme più
teste, più idee. Deve essere un progetto popolare e plurale appunto.
Altrimenti facciamo l’ennesimo
partito padronale, come tutti quelli che hanno fallito nella Seconda Repubblica
ed hanno portato sull’orlo del fallimento anche l’Italia.
E noi questo errore
non vogliamo farlo e non lo faremo.
Sappiamo quanto è importante la
figura del leader e arriverà anche il momento del leader, anzi su questo dopo
tornerò un attimo.
Ma i partiti costruiti tutti
intorno a una sola persona finiscono con l’identificarsi con quella persona e
alla lunga si perdono dietro a quella persona.
Ora si tratta di mettere insieme
- e alla svelta, perché la gente ormai giustamente vuole vedere i fatti - gli
spunti raccolti e iniziare a forgiare, sul territorio e in Parlamento, il nuovo
soggetto politico che a mio avviso abbiamo il dovere di far nascere quanto
prima se vogliamo ridare speranza ad un popolo, quello del ceto medio, che oggi
non ha voce perché non ha un partito che lo tuteli in cui riconoscersi e non ha
occhi, è cieco, perché non ha nessuno che gli indica una direzione, una
prospettiva per il futuro.
Devo dire che anche quest’anno
siamo riusciti ad organizzare qui a Chianciano una manifestazione di altissimo
livello proprio per i contenuti che sono stati espressi nei tre giorni.
Anzi, forse quest’anno il livello
è stato perfino più alto che in passato proprio perché la realtà ci costringe a
tenere alto lo sguardo. E a pensare ad esempio sempre più con la testa degli
europei e sempre meno con quella degli italiani, o dei francesi, o dei portoghesi.
Le sfide che il mondo ci
presenta, la competizione globale sul piano economico, i temi della sicurezza
legati a quelli delle migrazioni dei popoli, i venti di guerra che soffiano
dall’Ucraina e che mettono a repentaglio anche la nostra sicurezza energetica,
le questioni della nostra stessa identità di occidentali con radici cristiane,
dei nostri valori aggrediti con la violenza più brutale da nuovi fanatismi,
sono sfide alte, complesse, difficili, ma a cui l’Italia e l’Europa non possono
più sottrarsi.
E allora grazie a tutti i
relatori che ci hanno dato il loro contributo per affrontare queste sfide con
qualche idea in più e che saranno protagonisti insieme a noi del lavoro dei
prossimi giorni in Parlamento e nel Paese.
E grazie naturalmente a tutti voi
che avete seguito gli incontri e i dibattiti e che sarete protagonisti sui
territori della costruzione del nuovo soggetto.
Ieri pensavo che mi sarebbe
piaciuto trovare le parole giuste oggi per ridare orgoglio alle donne e agli
uomini dell’Udc, visto che veniamo da un tempo così difficile.
Ma oggi mi sono reso conto che in
realtà siete voi, con la vostra partecipazione, a rendermi orgoglioso di quello
che abbiamo fatto insieme finora nonostante tutte le difficoltà e di quello che
potremo fare stando ancora insieme.
Così come mi hanno reso
orgoglioso le parole di monsignor Hanna, il Vescovo ausiliare dei cattolici
caldei di Bagdad che ci ha fatto un regalo enorme onorandoci con la sua
presenza, celebrando questa mattina la messa in memoria dei cristiani
perseguitati nel mondo.
Quello scudo crociato che siamo
fieri di avere nel nostro simbolo non è solo storia, non è una reliquia piena
di polvere.
Oggi più che mai è vivo, è
attualità, siamo noi, sono i nostri figli, il futuro.
Perché se vogliamo avere un
futuro, mentre i criminali dell’Isis violentano e uccidono chi non si converte
con la forza, noi dobbiamo alzare quel simbolo, il simbolo della cristianità.
Quando esattamente dieci anni fa,
con una scelta di una stupidità infinita, si decise di non inserire il
riferimento delle radici cristiane dell’Europa nella Costituzione europea che
si stava scrivendo e che poi sarebbe stata comunque bocciata dai popoli, non ci
si rendeva conto che si stava lasciando spazio ai fanatismi di altre religioni.
E oggi allora non possiamo
stupirci troppo se dall’Europa parte qualche giovane italiano, inglese o
francese per combattere contro di noi in Siria o in Iraq, perché se ai giovani
non dai una base solida di valori, se non si sa più chi siamo, il rischio che
qualcuno più fragile si perda aumenta.
Noi siamo diventati in questi
anni l’Occidente che in nome delle presunte libertà arriva a cancellare la sua
verità religiosa.
E a questa nostra evidente
debolezza di pensiero rispondono i più fanatici e sanguinari tra gli islamici
con la violenza.
Quella violenza che in nome della
loro presunta verità religiosa viene usata invece per cancellare la libertà.
Allora di fronte a questo noi non
possiamo che essere orgogliosi del nostro scudo crociato e di quello che
rappresenta.
Così come siamo orgogliosi di
avere nel nostro passato uomini come Alcide De Gasperi.
Questa estate a leggere i
giornali a un certo punto pareva che De Gasperi fosse stato un grande leader
del Partito Comunista.
Gli volevano pure intitolare la
festa dell’Unità.
Tutti a tirare per la giacca la
memoria di De Gasperi, tutti suoi eredi, a sinistra e pure a destra.
Anzi, se volete ridere andate su
internet e troverete pure una pagina di grillini che vedono in De Gasperi un
loro punto di riferimento.
Poi vorrei capire come si fa a
considerare compatibile un comico da strapazzo che ogni due secondo manda tutti
“a…” – insomma avete capito bene - con il più grande statista che la politica
italiana abbia mai avuto.
Chi era De Gasperi, quali
straordinari progressi ha fatto compiere all’Italia e al progetto europeo e chi
può richiamarsi alla sua tradizione senza risultare ridicolo ce lo ha spiegato
poco fa il presidente De Mita.
E queste sono le cose di cui
dobbiamo essere orgogliosi.
Allora costruire qualcosa di
nuovo non vuol dire dimenticarsi chi siamo, smettere di sapere da dove veniamo.
Senza i valori e la
consapevolezza della propria storia i partiti, esattamente come la società
civile, non vanno da nessuna parte. Sono gusci vuoti.
E noi non vogliamo fare un guscio
vuoto come gli altri.
Poi è vero che ogni giorno sento
ripetere lo stesso discorso: “Oggi per avere consenso ci vuole un leader, dov’è
il vostro leader?”.
Ma a questa domanda - per carità,
importante e a cui non mi sottraggo, ma anche un po’ noiosa come quella sulle
alleanze che mi sento ripetere da almeno 6 anni – io non posso che rispondere
col mio pensiero, la mia profonda convinzione.
E cioè che se noi facessimo
l’errore di partire dal leader, probabilmente non partiremmo nemmeno.
Quello che va fatto adesso è
costruire la rete, mettere insieme le forze sui territori, avvicinare nuove
realtà e nuovi soggetti. Guardate che l’Italia sia diventata tutta di sinistra
non ci credo e non ci crederò mai.
Il 40,8% del Pd di Renzi alle
Europee è un grande risultato ma sono 11 milioni di voti, pochi di più, un
milione in più, di quelli che nel 2013 alle Politiche ha preso Bersani, quando
con stessi numeri molto simili non è riuscito a vincerle le elezioni.
Quello che è cambiato è
l’affluenza al voto. Alle Europee hanno votato molti milioni di italiani in
meno.
E chi non è andato a votare
rispetto alle politiche sono soprattutto gli elettori a cui facciamo
riferimento noi.
Quei nove milioni di voti che
prima votavano Forza Italia e ora non la votano più.
I voti dei moderati, dei
popolari, del ceto medio, che in parte abbiamo perso per strada anche noi.
Noi a quelle persone dobbiamo
dare un riferimento.
Costruendo un partito, una casa,
un punto d’incontro nuovo insieme agli amici del Nuovo Centrodestra, del gruppo
Per l’Italia, di Scelta Civica che sono interessati al progetto.
Poi il leader verrà.
State sicuri che i vuoti in
politica si riempiono.
E come l’ha riempito Renzi a
sinistra, così lo riempiremo noi nell’area popolare.
Ma quel leader, che magari c’è
già, dovrà essere riconosciuto dal basso, democraticamente eletto, non imposto
dall’alto.
Con le primarie, con qualche
altro metodo, ma il leader dovrà essere uno che sarà riconosciuto da tutti e
che sia capace di farsi spazio anche sgomitando.
Perché i leader sono tali se
riescono a emergere.
Non se aspettano che gli si
imbandisca la tavola e poi sono semplicemente i più veloci ad andare a occupare
un posto.
Quello che serve a noi è un
anti-Renzi.
E lo dico oggi mentre siamo al
governo con Renzi perché deve essere chiaro che questa è una fase eccezionale,
in cui noi siamo leali col governo, lo sosteniamo, e anzi siamo al governo, ma
lo facciamo perché il Paese è sull’orlo della disperazione.
Ma quando finalmente si potrà
tornare a confrontarsi sulle idee è chiaro che noi saremo e dovremo essere
alternativi a Renzi e alla sinistra, come lo siamo in Europa: noi siamo il Ppe,
Renzi è il Pse.
Anche noi ad esempio vogliamo
dare nelle buste paga degli italiani più soldi.
Ma li daremmo anche a chi ha
magari un reddito appena un po’ più alto di 26 mila euro ed ha tre figli da
mantenere piuttosto che darli a chi ne guadagna 25 mila ma è single.
E li daremmo anche a chi non
arriva al reddito minimo di 8 mila euro, perché non ho ancora su quali basi è
giusto dare 80 euro a chi guadagna poco e non si può darla a chi prende ancora
meno o non prende niente. Vorrei che qualcuno mi dicesse che giustizia di
sinistra è aumentare le disuguaglianze tra i poveri…
Quando ci confronteremo con la
sinistra e con Renzi con le nostre idee, noi metteremo in chiaro che le
pensioni non si toccano, perché chi ha lavorato una vita ha fatto un patto con
lo Stato e quel patto non si cambia.
Altro che il balletto indegno di
questa estate che ha mandato nel panico milioni di pensionati e non solo quelli
che prendono pensioni altissime.
E tra le nostre proposte non ci
sarà mai quella di ridurre alla fame le nostre forze dell’ordine.
Perché chi rischia la vita tutti
i giorni per la salvare la nostra deve sentirsi apprezzato dal suo Paese senza
se e senza ma.
Alla polizia, ai carabinieri,
all’esercito, ai ragazzi in missione all’estero o per le strade più difficili
d’Italia, noi dobbiamo solo dire grazie i sacrifici che fanno per noi.
Altro che prenderli in giro
dicendo che gli aumentiamo lo stipendio a maggio per poi tagliarglielo a
settembre.
Questo non si fa.
Noi appoggiamo questo governo, ma
se il governo sbaglia ci riserviamo il diritto di dirlo.
Così come riteniamo ad esempio
che sia il momento di cancellare l’Irap così com’è perché è una tassa da
manicomio.
Io posso capire che in una fase
di crescita economica le imprese debbano pagare le tasse anche a seconda delle
loro dimensioni.
Ma in una fase lunga come questa
di disoccupazione altissima, di crisi, di disperazione vera per tante imprese e
tanti disoccupati, far pagare tanta più Irap alle imprese quanti più dipendenti
assumono vuol dire essere pazzi.
Noi dobbiamo rovesciare questo
principio.
E allora ecco a che serve la Costituente popolare.
A mettere in campo proposte e
valori domani quando si tornerà a votare.
Ma anche a far cambiare rotta al
governo da subito quando serve e quando sbaglia.
Ecco perché è utile arrivare
prima possibile ai gruppi unitari con gli amici che stanno con noi al governo e
in maggioranza e non fanno parte del Pd.
Oggi essendo divisi Renzi ha buon
gioco a dare più retta a Forza Italia che a noi.
Ma se ci riuniamo in un gruppo
unico, con posizioni unitarie, 85-90 parlamentari, allora la musica cambia.
E anche noi potremo incidere con
più forza sulle politiche del governo.
E a chi mi dice: “Dovete parlare
anche con Forza Italia”, io rispondo: “Per carità si può parlare con tutti”,
però segnalo anche con un partito che mentre è all’opposizione, presta più
attenzione a non far dispiacere al presidente del Consiglio, piuttosto che a
far piacere ai propri elettori non so bene che cosa dire.
L’ho detto io e lo ha detto Pier
Ferdinando anche pubblicamente nei giorni scorsi: Forza Italia sta all’opposizione
perché non vuole pagare i prezzi delle scelte impopolari obbligate che in
questi giorni cominciano a venire al pettine e non vuole stare all’ombra di
Renzi, ma pretende di incassare posti e magari qualche attenzione agli
interessi del suo leader.
A Napoli direbbero in modo un po’
più colorito di come ve lo dico io ora: “Porta a casa e piange”.
Eh no. E’ un po’ troppo comodo.
Se questa è la linea, è ora di porre sul tavolo il problema di Forza Italia.
Visto che pesa tanto sul governo, Forza Italia entri nel governo Renzi.
Altrimenti il governo la smetta di dare più retta a Forza Italia che a chi lo
sostiene lealmente e a viso aperto.
Per il resto noi non abbiamo
preclusioni a parlare con nessuno, ma ai nostri interlocutori mettiamo qualche
paletto: devono essere responsabili e non populisti.
E in questo momento in cui Forza
Italia non è né carne né pesce è preferibile parlare con i suoi elettori, con
l’elettorato moderato, quell’elettorato che come noi non vuole saperne di
sedersi intorno a un tavolo con forze come la Lega che è razzista ed antieuropea mentre noi
siamo europeisti convinti.
Perché la chiave della nostra
salvezza, del nostro rilancio, badate bene, sta comunque in Europa.
I singoli Stati di fronte a un
mondo così competitivo e complicato, sono destinati a soccombere.
Quando questa estate il
Governatore della Bce Draghi ha detto che gli Stati europei devono fare le
riforme anche a costo di cedere un po’ di sovranità all’Europa per le mie
orecchie è stato come ascoltare musica.
Il nostro sogno di Europa
federale unita del resto che cos’è se non cessione di sovranità ad una realtà
più grande e più forte in cui tutti ci riconosciamo?
Però bisogna anche dire che la
cessione di sovranità deve esserci in misura uguale da parte di tutti.
E non da uno Stato all’altro.
Noi non dobbiamo cedere sovranità
alla Germania.
No.
Sono gli Stati europei, tutti,
Germania compresa, che devono cedere sovranità all’Europa.
Questo è la sfida più
affascinante e difficile, ma è anche una sfida obbligata per arrivare agli
Stati Uniti d’Europa.
Altrimenti l’Italia per prima
andrà a rotoli viste le dimensioni del nostro debito pubblico e la debolezza
della nostra economia.
Ma poi andranno a rotoli anche
gli altri Paesi perché noi siamo abbastanza decisivi da trascinarci tutti
dietro volenti o nolenti.
Spero dunque di essere riuscito a
riassumere i fili della discussione di questi tre giorni che volevo tirare.
Argomenti e contenuti come vedete
non mancano e rappresentano la trama su cui andare a tessere il nuovo soggetto.
Come ho detto prima però questo è
un lavoro che va fatto a tutti i livelli e va fatto presto, approfittando anche
del banco di prova che ci offrono le elezioni regionali. Il tempo, su questo
voglio essere molto chiaro, non è un fattore irrilevante. O il nuovo partito
nasce entro la fine di settembre, un partito vero, o amici come prima e ognuno
riprenda la sua strada.
Già dopodomani abbiamo fissato
l’incontro del coordinamento della Costituente popolare. Bene, io chiedo che
sia un incontro da cui uscire con decisioni vere, definitive. Per la fine di
settembre dobbiamo avere i gruppi unici in Parlamento e lanciare il nuovo
soggetto unitario. E’ tutto pronto, non c’è altro da attendere. Se poi non lo
si vuole fare lo si dica.
Per noi in ogni caso questa è la
strada da seguire anche se qualcuno nel frattempo dovesse frenare e farsi
prendere dalla paura.
Perché noi siamo e vogliamo
continuare ad essere un punto di riferimento per chi non vota Pd e non vuole
affidarsi alla demagogia populista.
C’è una bella frase di un altro
grande della politica italiana che non appartiene alla storia democratico
cristiana – lo dico subito così non si dirà che ce ne vogliamo appropriare.
E’ una frase del secondo
presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, che anche se è stata pronunciata
molti anni fa, sembra detta apposta per i nostri tempi.
Diceva Einaudi: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la
concordia ignava e l'unanimità dei consensi”.
Ecco io
credo che in questo momento l’errore che non dobbiamo commettere è quello di
avere paura, paura di andare controcorrente se necessario.
Oggi
sembra quasi che il quadro attuale non potrà mai più cambiare.
Renzi ha
vinto, noi possiamo fare solo le ruote di scorta e sarà sempre così.
No.
Non è
così.
La crisi
in cui si trova il Paese può e deve essere sconfitta.
Ci vuole
coraggio e non paura ma possiamo farcela.
E allo
stesso modo, con coraggio e non con paura, possiamo costruire un’alternativa
moderata e vincente ad una sinistra che non è né eterna né imbattibile.
Lavoriamoci
insieme, senza paura.
Grazie,
grazie Chianciano, grazie a tutti. Buon lavoro. Viva l’Italia. Viva l’Europa. Viva
l’Udc.
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