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AMATRICE - Gli occhi dei giocatori della Lazio sono lucidi, lo scenario di fronte è di quelli da mettere i brividi. A sinistra c'è un cumulo di macerie dove svettano desolati giocattoli per bambini e peluche, a destra il negozio "Dolcimania", rimasto ancora così, con tutto dentro, ma senza un pezzo di porta e alcune pareti. Di fronte c'è Corso Umberto di Amatrice, sullo sfondo il campanile fermo alle ancora alle 3.36 da quel maledetto 24 agosto che ha messo in ginocchio l'Italia. I calciatori e lo staff tecnico biancoceleste entrano nella "zona rossa", una passeggiata lunga poco meno di 100 metri ma ancora piena di dolore. È l'ultima tappa della visita della Lazio ad Amatrice, voluta fortemente dal presidente Lotito che proprio in queste zone è cresciuto e ha anche giocato a calcio, maturando un passato da portiere: "Ma era un pippone, specifichiamolo", scherza il sindaco Sergio Pirozzi. È lui ad accogliere l'arrivo della squadra alla Scuola Romulo Capranica allestita poco fuori la cittadina per permettere ai bambini di continuare a studiare: "Questa giornata ha una doppia valenza, sia di sport che di vita. Abbiamo perso tanto, ma se useremo i principi dello sport torneremo a correre, a vincere. Dopo una sconfitta c'è sempre una vittoria. Dobbiamo fare un po' come il Leicester l'anno scorso, che non era nemmeno quotato e alla fine ha conquistato lo scudetto".

Lotito porta la Lazio ad Amatrice: "C'è grande commozione"

La Lazio ha tentato di dare il suo supporto portando qui tutta la rosa per scattare la foto di squadra di questa stagione (il cui incasso sarà interamente devoluto alla popolazione di Amatrice), ma soprattutto ha regalato sorrisi e non solo ai circa 70 bambini presenti, cui sono stati portati doni e gadget a tinte biancocelesti: "Quello che è successo - dice de Vrij - è incredibile, un disastro. Mi dispiace molto. Questa è l'unica cosa che possiamo fare da squadra. Far sorridere le persone è bellissimo sempre, soprattutto qui dopo tutto quello che è accaduto, penso che per i bambini sia fantastico". Anche Simone Inzaghiha detto la sua: "Sicuramente abbiamo fatto una piccola cosa per questi bambini che hanno perso tanto. A volte si vedono i telegiornali, ma forse sarebbe meglio sensibilizzare davvero venendo qui. Così veramente ci rendiamo conto di cosa sia successo. Ho visto bambini che sorridevano ma comunque hanno perso persone care. A volte ci prendiamo troppo sul serio, nel calcio, nella vita. A tanti farebbe bene venire qui. Fa molto più effetto. Quando ho cominciato ad allenare sono venuto ad Amatrice per due tornei. Anche con mio figlio Tommaso, che ha dormito all'Hotel Roma. Credo che di quell'albergo ormai ci siano solo le macerie. Ripeto, bisogna toccare con mano la situazione per capire davvero cosa abbiano passato queste persone".

Non è mancato ovviamente il commento di Lotito, visibilmente provato: "C'è grande commozione. Qui conosco delle persone con cui ho condiviso l'adolescenza. Stiamo parlando di gente che ha perso tutto, gli è rimasta solo l'identità. Noi dobbiamo stargli vicino, non solo per l'aspetto materiale. Bisogna sostenerli per dargli la certezza di un futuro. Quello che conta è l'aspetto psicologico, io ancora ne soffro dal punto di vista interiore. Perché ho visto intere famiglie sparire. Sentire i nomi delle persone morte, che per la maggior parte conoscevo, mi ha fatto provare grande dolore. Ho cercato da subito di coinvolgere il mondo dello sport di mia competenza, il calcio, attraverso la Lega e la Federazione, non solo per quanto riguarda un aiuto materiale. Il calcio ha un forte potere mediatico e la capacità di coinvolgere persone da un punto di vista empatico".

Dopo aver indossato anche lui il caschetto e aver passeggiato per i resti della città, Lotito è tornato a parlare: "È un dolore grande e una sensazione di impotenza. Ripercorrendo il tragitto di Corso Umberto ho ricordato una per una tutte le persone che conoscevo. Trascorrevo in media due mesi e mezzo l'anno qui, ero parte di questo paese. Ci ho trascorso tutta la mia adolescenza, conoscevo tanta gente che ora non c'è
più. Ho dei ricordi bellissimi, ogni luogo rappresenta un momento piacevole della mia vita. Oggi vedere questa situazione drammatica fa male. C'era un clima familiare, in uno di questi portoni abitava mio nonno. Ero conosciuto come il nipote di Enrichetto, poi in questa chiesa ho passato tante mattine a fare il chierichetto. È una situazione drammatica, non esistono parole. Eppure questo è un comune che ha sopravvissuto a invasioni e a tanti terremoti".