lunedì 5 marzo 2018

DAVIDE ASTORI: QUANDO UN CAMPIONE MUORE A 31 ANNI


di Luca Talotta
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Davide Astori se n'è andato così com'era arrivato. In silenzio, senza prendersi la scena. In una camera di un albergo qualsiasi, in una domenica che doveva essere qualsiasi. Ma che per merito suo ha fermato la macchina calcio, costretta a riflettere di fronte alla sofferenza della vita.
Caducità, direbbe Giuseppe Ungaretti. In un modo più paesano e meno aulico "di passaggio", diremmo noi. E lui, Davide Astori, che è lì, riflesso nel suo ricordo indelebile: tutto era cominciato a San Pellegrino Terme, provincia bergamasca. Lui, classe 1987, che giocava con i più grandi perché era già troppo più forte degli altri, passa poi al Ponte San Pietro, squadra satellite del Milan: viene integrato nella primavera milanista. E' il 2001. Il ricordo immediato che mi viene in mente è quando lo vidi negli Allievi Nazionali: io, giovane cronista d'assalto che scriveva per un settimanale che trattava di calcio giovanile e dilettantistico. E lui che, in un quarto di finale contro la Juventus, cercò di tenere a bada un certo Sebastian Giovinco. Capii subito che aveva la stoffa per giocare in Serie A.
Marco Brembilla, oggi allenatore della Trevigliese (Eccellenza lombarda), ex osservatore del Milan e primo allenatore di Astori, ha ricordato: "Ero in campo ad allenare, poi entrato negli spogliatoi ho trovato il cellulare pieno di chiamate e messaggi: mi sono chiuso in casa, è dura...".
Ma è proprio quando si perde qualcosa che bisogna ricordarlo. E soprattutto far riaffiorare i lati piacevoli della persona, quel suo essere sempre sorridente e cantore della sua vita; di sua moglie Francesca Fioretti, di sua figlia Vittoria, di due anni. Del suo girovagare: mi ricordo quando mi raccontò d'aver assaggiato la "sbrisolona" per la prima volta quando giocava a Pizzighettone. Della sua tristezza per non essere stato riconfermato dal Milan, che lo spedì alla Cremonese di Mondonico ("Che allenatore!").
E poi il 2008, la consacrazione a Cagliari e il perdersi di vista. Fino al 4 marzo 2018: Davide ha lasciato un vuoto enorme dentro di me, paragonabile solo quando morì Claudio Lippi del Milan. Spero solo che ora siano lassù, assieme, a godersi il circo del pallone. Che ricomincerà, com'è giusto che sia, a riproporre spettacolo anche nel nome di Davide Astori.

Fonte: Crisalide press

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