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Ero certo comunque di poter contare sulla partecipazione di tutti gli amici della Direzione Nazionale perché le novità degli ultimi giorni rappresentano un elemento di novità e un punto di partenza molto importanti, su cui siamo chiamati tutti a dare un contributo di idee e di riflessione politica per delineare i prossimi passi da compiere.
Come sapete, tre giorni fa abbiamo dato avvio alla costituzione dei gruppi unici alla Camera e al Senato unendo le forze parlamentari di Udc, Ncd, e di una parte di ex deputati e senatori provenienti da Scelta Civica.
In questi nuovi gruppi abbiamo complessivamente circa quaranta senatori e altrettanti deputati e nei prossimi giorni e nelle prossime settimane contiamo di raccogliere altre adesioni e di accrescere ancora il nostro peso nelle assemblee legislative.
Abbiamo – ed ho, nel mio ruolo di segretario nazionale – discusso a lungo e condiviso con voi, con il Consiglio Nazionale e con i delegati del Congresso Nazionale dello scorso febbraio questo percorso e questo progetto e voglio dire che ho apprezzato moltissimo l’impegno di tutti a superare le difficoltà che inevitabilmente si sono manifestate davanti a noi lungo il cammino.
Essere rimasti insieme nonostante i passaggi anche drammatici che abbiamo dovuto affrontare dalle elezioni politiche in poi è stato fondamentale.
Io personalmente ce l’ho messa tutta per tenere unito il partito ma è chiaro che se non ci fosse stata la disponibilità di ognuno di voi, di Pier Ferdinando di Antonio De Poli, di Giuseppe De Mita, di Gianpiero D’Alia, di tutto il gruppo storico e di quanti si sono avvicinati successivamente, oggi non saremmo neppure più riuniti in questa sala.
Allo stesso modo ho compreso, anche se non ho condiviso, le ragioni di chi ha scelto di andarsene sapendo che era complicato mantenere l’entusiasmo e anche la lucidità politica nei tanti momenti difficili che abbiamo attraversato.
Però io credo che proprio la lucidità politica, la capacità di usare la testa, di ragionare, sia l’unico elemento indispensabile per non farsi travolgere da questa fase drammatica che vorrei ricordarlo, non riguarda affatto solo la nostra area, ma riguarda tutto il sistema politico, tutti i partiti e perfino quelli che si offendono se li chiami partito come i 5 Stelle.
In questa fase, anche il Pd che dopo le Europee di appena sei mesi fa sembrava una gioiosa macchina da guerra, aveva il 40% dei consensi e un leader indiscusso e indiscutibile che non temeva rivali, si trova in una condizione di difficoltà estrema.
E questo non solo perché i sondaggi danno in discesa il Pd e la popolarità del premier.
Con la crisi che continua a mordere e l’economia che non riparte, era logico che il primo partito ed il premier iniziassero a pagare un prezzo.
Ma a parte questo è impossibile non sottolineare come le difficoltà del Pd vengano soprattutto dal Pd stesso.
E io credo che la guerra interna al Pd, che già sembra aver raggiunto toni insostenibili, sia appena all’inizio.
Se c’è una cosa in cui la sinistra non si smentisce mai è la sua capacità di rottamare i propri leader ed è evidente che ora hanno ripreso a provarci anche con Renzi.
Io non so come andrà a finire ma è certo che questa situazione rischia di fare altro danno al Paese.
E noi questo non possiamo permettercelo, per cui mi auguro che Renzi da una parte abbandoni certi toni, a volte troppo populisti, che ogni tanto sembrano prevalere in lui e che dall’altra la minoranza interna sappia mettere davanti gli interessi del Paese ai propri.
Una cosa comunque deve essere chiara: tra Civati e l’Italia noi continuiamo a scegliere l’Italia e tra le sorti interne al Pd e l’Italia noi continuiamo a stare dalla parte dell’Italia.
In ogni caso, se volete che vi faccia una mia previsione, io credo che avendo aperto troppi fronti sulla sua sinistra lo stesso Renzi sarà costretto a breve a spostare di nuovo un po’ più a sinistra l’asse della sua azione politica e questo aprirà nuovi spazi per chi si colloca come noi, pur collaborando lealmente in questa fase, in alternativa alla sinistra.
Ecco perché serve ancora lucidità dunque.
E se questo è quello che accade – ed è sotto gli occhi di tutti – a sinistra, è ancora più evidente quello che accade a destra. Berlusconi prima ha abbassato la saracinesca di Forza Italia, creando un malcontento fortissimo tra molti dei suoi che, infatti, non accettano passivamente più di farsi guidare da lui, ed ora cerca di recuperare qualche ruolo dialogando con il populista più pericoloso, cioè con Salvini e con la Lega.
Un partito che prima era una vergogna per l’Italia per il suo razzismo.
Ed ora è diventato un pericolo per l’Italia perché vuole portarci fuori dall’euro:
uno scenario che se si realizzasse significherebbe la fine per questo Paese. Perché l’Italia se vuole avere una speranza di rialzarsi da questa crisi mostruosa deve stare in Europa per cambiarla e orientarla alla crescita.
Se invece ne esce le speranze sono finite e diventiamo un’economia da terzo mondo. Questa è la realtà, questo è quello che mi dicono tutti gli amici degli altri Paesi europei a Bruxelles e questo è quello che qualunque persona di buon senso può comprendere.
Tra l’altro ora Salvini e la Lega vanno a caccia di voti anche al Centro e al Sud Italia dopo averli insultati per anni dicendo che erano pieni di ladroni, di nullafacenti, di terroni e altri insulta ancora peggiori. Diciamoci la verità: purtroppo la Lega riuscirà a raccogliere anche un bel po’ di voti al Centro e al Sud.
Ma i voti che cerca sono i voti delle persone più disperate e più arrabbiate.
Voti che è in grado di conquistare e mantenere solo se la disperazione e la rabbia continuano.
Salvini insomma non è una medicina ma è un altro virus, un’altra malattia, come Grillo.
Più l’Italia sta male e più lui lucra consensi.
Ha bisogno di disperazione e la alimenta.
Ecco perché è un pericolo.
Anche se sono convinto che riusciremo ad arginarlo.
L’esempio migliore ci arriva proprio da un altro Paese che la disperazione l’ha conosciuta bene in questi anni.
La Grecia.
Vorrei ricordarvi, infatti, che con le elezioni di due anni fa, in pieno disastro economico e finanziario, nemmeno i greci al dunque hanno scelto di uscire dall’euro, nonostante le durissime imposizioni ricevute dall’Europa.
E lo stesso Tispras in vista delle prossime elezioni ha già cambiato il tiro e non parla più di uscire dall’euro ma di rinegoziare il debito, che è ben altra cosa.
E poi avete visto cosa è successo alla Borsa greca quando si è parlato appena un po’ più concretamente di uscita dall’euro.
Ha perso in un giorno il 13%.
Ed è stato solo un assaggio di quello che potrebbe accadere.
Davvero vogliamo arrivarci anche noi?
Quindi dobbiamo sapere che Salvini – e Berlusconi quando gli va appresso – dicono baggianate populiste.
Pensate ad esempio alla gazzarra indegna sull’immigrazione: la verità è che siamo talmente in crisi che nemmeno gli immigrati vogliono più stare in Italia, che perfino le domande per ottenere la cittadinanza italiana per la prima volta dopo anni anziché aumentare sono diminuite.
Non sono mie affermazioni, lo dicono con precisione i numeri che vi risparmio per non annoiarvi.
E noi dovremmo perdere tempo con questi discorsi invece che affrontare i veri problemi?
E poi, naturalmente, anche Grillo è in enorme difficoltà.
Adesso dice che è un po’ stanchino e secondo me si prepara a farsi da parte lasciando che il suo movimento si sgonfi da solo.
Meglio tardi che mai.
Ma se fosse nato stanco e non avesse mai portato in Parlamento un esercito di persone che, pagate dai contribuenti, passano il loro tempo a contare scontrini, a espellersi tra loro e a inseguire scie chimiche forse sarebbe stato ancora meglio.
Ed è chiaro poi che di fronte a tanta confusione, tanta incertezza, tante proposte pericolose e senza senso, gli italiani spaventati dalla crisi e arrabbiati da questa inconsistenza della politica, scelgano di starsene a casa e di non andare a votare.
Ma una democrazia in cui vota poco più del 30% degli elettori come in Emilia Romagna è una democrazia in pericolo perché vuol dire che i cittadini non sono più nemmeno interessati alla democrazia stessa e anche su questo noi non potevamo e non possiamo starcene a guardare ma dobbiamo provare a dare delle risposte.
Allora se questo è il quadro generale, certo vedo e capisco naturalmente che la nostra situazione è molto difficile, ma non mi pare che gli altri stiano tanto meglio.
Anzi.
Di sicuro comunque le risposte che dobbiamo essere capaci di trovare non possono più essere quelle di pensare al piccolo tornaconto di questa o quella sigla politica.
Questo era un lusso che potevamo permetterci quando l’economia tirava.
Tra l’altro quando il Paese non era in crisi mi pare che noi abbiamo salvaguardato sempre al meglio gli ideali, i valori, la storia e gli uomini e le donne dell’Udc.
Ma oggi pensare al proprio piccolo orticello mentre fuori divampa un incendio di dimensioni mostruose sarebbe da pazzi e noi non vogliamo lasciare andare in rovina l’Italia.
Lucidità dunque, dicevo prima.
Serve lucidità.
Ed entusiasmo.
Dobbiamo ritrovare l’entusiasmo perché a differenza degli altri stiamo dimostrando di avere un progetto, di avere delle idee e che giorno dopo giorno sia pure tra mille difficoltà siamo in grado di realizzarle.
Sappiamo bene qual è lo spazio che vogliamo andare ad occupare: è lo spazio che sta tra Renzi e Salvini.
Lo spazio che c’è tra un premier e segretario di partito sicuramente capace, comunicativo, ma che fino a prova contraria è il leader della sinistra italiana e che ogni tanto commette l’errore di scivolare nel populismo; e un populista che fa il populista 24 ore su 24.
Conosciamo bene anche gli elettori a cui vogliamo rivolgerci: sono quegli 11 milioni di italiani che prima votavano per una proposta di governo alternativa a quella della sinistra e che oggi hanno smesso di andare a votare perché nessuno gli ha più proposto niente di serio, niente che sembri realmente credibile e alternativo alle proposte e alle promesse del Pd.
I gruppi unitari che abbiamo costituito pochi giorni fa in Parlamento, insieme agli amici di NCD, sono il nucleo di partenza di questo progetto che guarda a quello spazio e a quegli 11 milioni di elettori. (voglio ringraziare Alfano)
In questa fase iniziale la gestione di questa nuova realtà che sta nascendo sarà paritaria – ed è un risultato che ci tengo a sottolineare perché dimostra che abbiamo saputo valorizzare la nostra presenza e soprattutto il lavoro dei nostri dirigenti in tutta Italia che meritano questa grande chance e anche questa responsabilità.
E quindi sarà una gestione che vedrà lavorare insieme i nostri rappresentanti a livello nazionale e sui territori ovunque.
Ma dovremo utilizzare al meglio questa fase iniziale per darci, insieme agli altri soggetti politici che sono al nostro fianco e a quelli che vorranno aderire prima o dopo, un sistema di regole democratiche che ci accompagnino nella costruzione di un nuovo soggetto politico.
Un soggetto aperto, capace di andare oltre noi e i nostri amici, capace di parlare alla società civile, all’associazionismo, alle realtà civiche. Dovremo sapere andare davvero oltre le vecchie sigle e soprattutto, secondo me, dovremo dimostrare ad ogni livello di crederci.
Ora abbiamo i numeri per contare davvero in Parlamento.
E lo faremo.
Spingendo il governo a realizzare le riforme di cui il Paese ha ancora bisogno.
Riforme istituzionali ed economiche.
Perché sappiamo già che il Jobs Act è un passo avanti ma non basta.
Servono interventi sul sistema fiscale, con una forte riduzione del cuneo fiscale.
Servono interventi di sostegno alle famiglie.
Serve una nuova capacità progettuale perché i soldi dell’Europa, il piano da 320 miliardi di Juncker, ci sono, ma se non presentiamo progetti seri per la realizzazione di nuove grandi infrastrutture, per il risanamento ambientale di un paese dissestato sul piano idrogeologico, per la realizzazione della banda larga, rischiamo ancora una volta di riuscire a spendere – e male – solo le briciole di quei miliardi.
Serve una riforma complessiva della giustizia civile che renda più certi e veloci gli esiti dei processi.
Abbiamo i numeri parlamentari per incidere sulla riforma della legge elettorale che fino a poche settimane fa sembrava una questione a due tra Renzi e Berlusconi e adesso sembra addirittura una questione tutta interna al Pd. Ma a Renzi, al Pd, e a tutte le altre forze politiche vorrei segnalare che non è così.
La forza che siamo ora in grado di mettere in campo alla Camera, ma soprattutto al Senato, fa sì che di Area Popolare non si possa più fare a meno.
Senza di noi non c’è nessun Italicum e nessun Mattarellum.
Vogliamo una legge che tenga insieme rappresentatività e governabilità.
E su queste basi discuteremo con chiunque.
E infine, ci tengo a sottolinearlo, abbiamo i numeri per incidere sull’elezione del prossimo Capo dello Stato.
A cui, prima di tutto se permettete, vorrei fare un augurio anticipato, indipendentemente dal nome di chi andrà al Quirinale: al prossimo Presidente della Repubblica auguro davvero, per il bene dell’Italia prima di tutto, di avere la stessa saggezza, la stessa statura politica e morale, la stessa autorevolezza in Italia e all’estero di Giorgio Napolitano.
Questo è l’identikit della persona che serve per il futuro al Quirinale e se qualcuno pensa a soluzioni al ribasso deve sapere che dovrà rifare i suoi conti.
Noi senza un presidente dello spessore di Napolitano infatti perderemmo altra credibilità e altri punti nella sfida globale che ci troviamo a combattere ogni giorno.
Per cui non tiriamo certo per la giacca l’attuale presidente; rispetteremo e comprenderemo ogni sua scelta, saremo felicissimi se deciderà di rimanere ancora al Quirinale e faremo fino in fondo la nostra parte per trovare un sostituto alla sua altezza se deciderà di lasciare.
E se sarà così, io credo e voglio dire fin d’ora che sarebbe estremamente sbagliato non rispettare una buona prassi che per 60 anni ha accompagnato la Repubblica italiana nel suo percorso di affermazione in Europa e nel mondo.
Non c’è ragione per interrompere la tradizione che vuole l’alternanza di un laico e di un cattolico al Quirinale.
Il prossimo Capo dello Stato dovrà essere un cattolico.
Viviamo oggi in un Paese profondamente in crisi: crisi economica ma anche e soprattutto crisi di valori.
Per ritrovare la speranza abbiamo bisogno di ricostruire un patrimonio di valori morali ed umani, di comunità e di nazione.
Guardate quale formidabile spinta sta dando Papa Francesco alla Chiesa Cattolica nel mondo con l’autenticità e la profondità del suo messaggio.
Come la Chiesa anche l’Italia ha bisogno di valori.
E una guida in cui gli italiani si sappiano riconoscere al Quirinale darebbe un’ulteriore spinta al Paese che si è fermato.
Questo è il lavoro che vogliamo realizzare in Parlamento con i gruppi unici di Area Popolare, ma questo è anche il metodo che intendiamo seguire sui territori, aprendo una discussione democratica e aperta al nostro interno e con gli amici ex di Scelta Civica e dell’Ncd con cui abbiamo intrapreso questo percorso ad ogni livello.
A gennaio allargheremo il coinvolgimento ai nostri dirigenti del Consiglio Nazionale e l’obiettivo sarà costruire tutti insieme il percorso per arrivare a vincere la nuova sfida che ora abbiamo davanti: quella di costruire una cosa nuova, democratica, capace di far emergere una classe dirigente nuova, nuovi leader, di fare scelte precise e coerenti sulle alleanze – e sono scelte che dovremo decidere tutti insieme – e di dare soprattutto nuove certezze all’Italia spaventata e all’Europa che ci guarda con crescente preoccupazione perché vede che ci siamo avvitati in questa crisi e sembriamo non essere capaci di uscirne.
Peraltro per il mio ruolo di parlamentare europeo vi segnalo che non è vero che l’Europa non è interessata alla crescita.
La nuova Commissione al contrario è molto diversa dalla precedente ed ha individuato nella crescita il suo primo obiettivo.
Così come Draghi dalla Bce si prepara ad intervenire con nuove risorse per acquistare i nostri titoli di Stato e quelli degli altri Paesi europei e spingerci a crescere.
Ma tutto questo non basta e non basterà se noi non faremo e non continueremo a fare la nostra parte.
E questo significa in primo luogo dare stabilità all’azione di governo.
Non possiamo ogni giorno ascoltare una minaccia di tornare alle urne.
Se qualcuno vuole davvero andare a votare in primavera noi siamo pronti e non ci tireremo indietro come abbiamo dimostrato poche settimane fa in Calabria raccogliendo circa il 9% grazie al nostro importante contributo.
Ma si sappia che in Europa proprio questi segnali continui di instabilità che arrivano soprattutto dal Pd – e mi spiace dirlo, non solo dalla minoranza interna ma anche dai cosiddetti renziani – rendono meno credibile la stessa azione del nostro Governo.
Ogni volta che un renziano minaccia il voto toglie un po’ di credibilità allo stesso Renzi agli occhi dell’Europa.
E dunque sarebbe ora di finirla da parte di tutti, a cominciare proprio dal Pd di farsi male da soli.
Noi comunque con i gruppi di area popolare alla Camera e al Senato non solo spingeremo il governo a fare di più e a fare nuove riforme. Ma lavoreremo soprattutto per farci riconoscere ed apprezzare dagli italiani come forza di stabilità.
Oggi ci sono milioni di cittadini moderati che non ne possono più né di chiacchiere a cui non seguono i fatti, né di partiti che oggi dicono una cosa e domani ne fanno un’altra.
Stabilità vuol dire serietà e coerenza nei valori, nelle proposte e nei comportamenti politici.
E noi dovremo essere capaci di garantire proprio questo.
Questo dunque è il progetto che dobbiamo realizzare dentro e fuori dal Parlamento e ci lavoreremo con entusiasmo e passione nei prossimi mesi.
Sono certo di poter contare come sempre sul vostro aiuto e sul vostro protagonismo.
E se sarà così, non so come andrà a finire la crisi drammatica del Paese, una crisi che è molto più grande di noi come del Pd e di qualsiasi altro partito.
Ma so che avremo fatto il massimo per rendere un servizio all’Italia.
E noi, oggi più che mai, è solo al bene dell’Italia che dobbiamo dedicare ogni nostra energia.
Grazie
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