LOLEK, Wojtyla inedito a Caserta a pochi giorni dalla canonizzazione
“Ci sono
uomini il cui valore ha la capacità di caratterizzare un’epoca. Caserta
ospiterà giovedì la rappresentazione profonda ed intensa di un uomo
straordinario, non solo di un grande pontefice: Karol Wojtyla. La Città di Caserta è onorata che i giovani artisti
del “Teatro Stabile di Innovazione “Fabbrica Wojtyla” guidati da Patrizio
Ranieri Ciu propongano un inedito del papa a pochi giorni dalla sua
canonizzazione. Un appuntamento di prestigio, che fa ricca Caserta e la sua
offerta culturale. Sono soddisfatto di poter dire che avevamo visto giusto
quando l’Amministrazione ha voluto puntare sul progetto di Ciu, capace di aver
coinvolto decine e decine di giovani e meno giovani intorno all’idea del teatro
quale motore di cultura e di aggregazione sociale”. Così il sindaco Pio Del
Gaudio presenta LOLEK, opera di Patrizio Ranieri Ciu che andrà in scena il 25 aprile alle ore 20,00, presso il
Teatro Don Bosco di via Roma in
occasione della canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II, prevista domenica
prossima in Vaticano. Proprio la Santa Sede, a riconoscimento dell’opera di
Ciu, ha inserito l’evento di Caserta nel programma delle commemorazioni
ufficiali di Wojtyla.
Inediti di rara bellezza scritti dal pontefice
- si legge nella presentazione dello spettacolo - si intrecciano con il testo
teatrale e le musiche originali di Patrizio Ranieri Ciu come chiave di
lettura dei principi, emozioni e valori assoluti che hanno caratterizzato le
scelte artistiche ed umane di Wojtyla uomo. Gli interpreti sono i giovani
artisti del “Teatro Stabile di Innovazione “Fabbrica Wojtyla” di Caserta,
chiamati ad una ennesima prova di qualità professionale in questa stagione teatrale
che ha contribuito a caratterizzare l’offerta culturale della città. Dopo
l’originale “Favola dei Beatles”, i temi della comicità con “Prova d’Attore” e
quelli della territorialità con “Via Sentimento”, della denuncia sociale per la
diversità con “Vinti e Vincitori” e per la violenza sulle donne con “La
Coscienza delle Donne”, la messa in scena del LOLEK permette a questi giovani,
veri protagonisti della cultura cittadina, di affrontare il tema dell’uomo e
dei suoi valori evidenziando il profondo distacco esistenziale tra la
sublimazione dell’individuo ed il relativismo di una società sempre più vittima
dei suoi peggiori modelli di globalizzazione dovuta alla comunicazione di
massa. La stagione dellòa Fabbrica,
dopo questo spettacolo, si concluderà con “Sentinelle di Pace”, il dovuto omaggio
ai soldati italiani caduti in missioni di pace con la Fanfara dei Bersaglieri
della Brigata Garibaldi, dedicata ai marò prigionieri in India, che ha ottenuto anche gli apprezzamenti del Capo
dello Stato.
LA TRAMA
La
rappresentazione scenica si attiene all’unica specifica forma di teatro amato
da Wojtyla: il Teatro Rapsodico. Il tema è l’esperienza teatrale ed artistica
di Lolek, appellativo con cui da giovane era chiamato Karol Wojtyla. È il
teatro della Parola, che individua tra i suoi scritti inediti le sue personali
riflessioni poetiche derivate dalla sua esperienza diretta: la sorellina
perduta, l’affetto della madre scomparsa, il legame con la sua terra aggredita
dal nazismo, il lavoro tra le pietre, fino alla scelta che determinerà
l’abbandono del teatro per quel sacerdozio che lo porterà alla vetta umana più
elevata. Ma quale è il suo più intimo
segreto? Una visione fantastica della Via Crucis? L’immagine femminile a cui
dedica il suo motto Totus Tuus o il suo “Dialogo con Dio”? Saranno intuizioni
musicali, poetiche, monologanti e sceniche a provare a dare una risposta
all’enigma finale: chi è Lolek?
UN TESTO DI ALDO BELLO SULL’OPERA
- Lo chiamavano
Lolek, Carletto. Intelligente, studioso, altruista, e goloso. Abitava al primo
piano di una casa a ballatoio, due stanze e cucina, oggi trasformate in museo,
tra quelle sue montagne dove poteva montare gli sci di legno o usare la pagaia
nelle solitarie discese in canoa lungo i torrenti. Lolek, il monello nelle
strade di una piccola città che diventerà il globetrotter instancabile dei
viaggi apostolici.
Tanto
Lolek fu operaio, poeta, attore e drammaturgo, quanto Karol fu teologo e
filosofo le cui dimensioni spirituali coinvolsero ragione, fede e intuizione
poetica. E il nesso di queste tre forze, nell’unità strutturale in cui si
trovano in Wojtyla, costituisce quello che Platone chiamava il “dèmone” con cui
l’uomo nasce e da cui è accompagnato per tutta la vita. è la cifra emblematica della spiritualità dell’uomo, il
“codice dell’anima”. L’uomo inteso come persona, concetto sconosciuto
nell’ambito del pensiero ellenico, che nasce esclusivamente nell’ambito del
pensiero cristiano e si è contratto in quello di “individuo” in età moderna e
contemporanea. Dunque, per Lolek la pienezza e la perfezione d’essere non si
possono rendere se non con la parola “persona”. Dirà: «Dio è Creatore della
persona, in essa rispecchia Lui stesso. Creatore della persona, Dio è fonte
della personalità individuale».
Scrisse
un’ultima enciclica, ma senza adoperare le parole, perché non ce n’era bisogno.
La manifestò per immagini in diretta, la prima delle quali venne in primo piano
quel 13 maggio dell’81 in cui un lupo grigio sparò due colpi di pistola in
Piazza San Pietro, trafiggendo Lolek, il ragazzo che voleva cantare insieme con
centinaia di migliaia di papa-boys. Sopravvisse Karol, l’Atleta di Dio che alla
demolizione del corpo, per quell’odioso agguato diventatogli lentamente ma
inesorabilmente nemico, avrebbe opposto un’ostinata resistenza.
Lo portò in
giro per il mondo – come un martirio visibile – quel corpo ogni giorno più
piegato, ogni giorno più tremante, ogni giorno più disobbediente. “Un papa
degno di questo nome deve passare attraverso la sofferenza” era solito dire. E
per quella sofferenza implacabile, sopportata in silenzio, col trascorrere dei
giorni ogni passo diventava una sfida, ogni movimento si traduceva in una mal
trattenuta smorfia di dolore, ogni parola si perdeva in una scabra eco
ondulare.
Fu tragica e sublime, l’ultima enciclica muta, nuda, e innocente dell’ignoto prete dell’Est miracolosamente asceso al soglio Pontificio: icona propria di un’incommensurabile Settimana di Passione che fa rivivere la divina tragedia dell’“Ecce Homo!”, il manifestarsi dell’essere umano nella sua fragilità, nella sua esteriore debolezza, nel suo “sfiguramento dolorante”; ma nello stesso tempo icona dell’uomo che ha speso la vita intera per il Vangelo, cioè per tutti gli altri uomini, amando fino all’estrema dedizione, perdonando fin oltre i confini dell’umiltà. Prima di consegnare la propria vita al Creatore.
Fonte: comunicato stampa
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