L’uscita nelle librerie del libro “Pascià, il clan dei
casalesi è nato in una discoteca” del giornalista Salvatore Minieri è coincisa con la sua presentazione al pubblico, presso
la Sala Carlo III dell’Hotel dei Cavalieri a Caserta, nel corso di un evento promosso
in esclusiva dal Rotary Club Luigi Vanvitelli e dall’intera famiglia rotariana,
in collaborazione con la Lidu ed il Panathlon, alla presenza del Sostituto
Procuratore della DDA di Napoli Maurizio
Giordano.
L’evento che si è svolto venerdì 15 giugno, magistralmente
moderato dal giornalista, socio del sodalizio rotariano, Emilio Di Ciocccio, ha avuto un grande successo di pubblico. Ad introdurre
l’incontro, il presidente del Rotary Luigi Vanvitelli Marco Petrucci che ringraziando
i presenti, i relatori e gli organizzatori, si è detto molto soddisfatto dell’affluenza
al service, l’ultimo del suo anno rotariano,
a dimostrazione che lo spirito di squadra vince sempre quando si
tratta di temi attuali. «Un social service – ha poi aggiunto la presidente
provinciale della Lide Adele Vairo -
su tematiche fondamentali per noi ed i nostri figli e la presenza di tanti
giovani in platea testimonia l’importanza dell’argomento per l’uscita del libro
come testimonianza dell’impegno civile della Lega». Carlo Iacone, portando i saluti del Presidente Nazionale della Lidu
Alfredo Arpaia, ha anche annunciato che la Lega, attraverso il suo Comitato
centrale di Caserta, si impegnerà molto su queste problematiche. Sono seguiti i
saluti istituzionali di Maria Rosaria
Pizzo dell’Innerwheel, della neo presidente del Rotaract Lorenza Parente e di Verusca Vitale in rappresentanza del
Panathlon Fracta Mayor Atellana, e si è entrati nel vivo della presentazione
con gli interventi dell’autore del libro Minieri e del giudice Giordano. Il
libro inchiesta Pascià è una edizione riadattata di un precedente volume uscito
tre anni fa al quale mancavano dei tasselli molto importanti: documenti scottanti
dei quali l’autore è venuto in possesso poco tempo fa e che ha inserito quasi
integralmente. In sintesi nel libro si parla di Formia, “buen retiro dei Bardellino”
nonchè lavatrice di tutte le mafie, e dell’unica Banca del clan dei casalesi:
la Banca Popolare del Golfo di Gaeta che, a detta dello stesso autore, nel 1980
prestava senza garanzie in una sola mattina 14 miliardi: soldi del
narcotraffico di Pablo Escobar che aveva contatti diretti con Alberto Beneduce,
detto Alberto a cocaina, che era nel cda della stessa banca. Verità scorcentanti
che i tanti presenti in sala non conoscevano, ma ben risapute invece dal Giudice
Maurizio Giordano che, confessando di aver “divorato” il libro, scritto in una
prosa molto accattivante che rapisce il lettore, ha sottolineato come nel volume
siano stati ricostruiti a 360 ° gli interessi del Clan dei Bardellino in
diversi settori, tra cui quello commerciale con la costruzione della famosa
discoteca Seven up, la più grande discoteca d’Europa durante gli anni ’80, con
il laser più potente al mondo che si vedeva da Sessa Aurunca, fatta poi saltare
in aria, uccidendo due persone. «Si è trattato di un attentato vero e proprio dal
momento che - ha spiegato Minieri – è stato trovato olio di vasellina in tutte
le stanze, anche se si è cercato sempre di derubricare l’atto come un
incidente. Volevano fare una strage e fortunatamente non ci sono riusciti». Un
locale le cui azioni, si legge nel libro, erano state intestate alla moglie di
Celo Alonso, della quale si era innamorato anche Che Guevara. Il libro rivela
anche il primo grande patto Stato Camorra, ricostruisce l’incontro tra l’allora
primo ministro Bettino Craxi con il fratello del potente camorrista Antonio
Bardellino e svela anche tanti altri segreti. Il Magistrato ha poi fatto una
distinzione tra il Clan Bardellino, il cui potere è nato proprio con la
costruzione della discoteca, e quello dei casalesi – quest’ultimo nato alla
morte del boss dei boss Antonio Bardellino, il primo ad aderire a cosa nostra
con un’organizzazione apicale che ha investito denaro nel traffico di droga
facendo entrare tantissimi soldi anche a Caserta. «Il clan dei casalesi – ha
chiosato il magistrato - ha vissuto la fase della violenza prima contro gli avversari,
compiendo 150 omicidi e provocando un vero
e proprio far west a Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna, poi
successivamente per imporsi sul territorio; il 2009 ha quindi segnato la fine
ideale delle azioni di fuoco; ora si è nella terza fase in cui il clan ha
smesso di sparare perché la risposta dello Stato è stata fortissima ed il
gruppo camorrista è stato decimato. Il clan ha cominicato a fare studiare le
leve, anche all’estero, e ora investe in attività con finanziamenti che
provengono da diversi settori. Da fenomeno criminale di fuoco, si è trasformato
in fenomeno criminale strutturale». Dal Sostituto Procuratore della Dda in
conclusione è giunto un monito: il clan è vivo ed è molto insidioso per la sua
capacità di inserirsi in ogni attività, quindi non bisogna mai abbassare la
guardia.
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