MADDALONI (Caserta) - Venerdì 18
aprile 2014 si rinnova il rito della “Processione del Cristo Morto e
dell’Addolorata detta anche del Venerdì Santo” a Maddaloni nelle prime ore del
pomeriggio.
L’evento sta vedendo la preparazione
spirituale dei partecipanti e sarà caratterizzato dalle meditazioni nel corso
del suo itinerario di P Edoardo Scognamiglio, l’infaticabile francescano che con
la sua gratuita opera rappresenta a pieno il messaggio francescano non solo a
Maddaloni ma in tutti i contesti in cui è chiamato per il suo
ministero.
Il Venerdì Santo, come è noto, quello
che precede la Pasqua, celebrato dai cristiani come anniversario della
crocifissione di Cristo, fin dalle origini della Chiesa, è giornata di
penitenza, digiuno e preghiera ed è il giorno stabilito a far rivivere la
Crocifissione di Gesù.
“La
passione di Gesù rivela l’amore di Dio per noi e ci mette in guardia da un
grande pericolo: l’apatia. – ha dichiarato P
Edoardo Scognamiglio - Credo che il male del nostro tempo sia
l’indifferenza verso il dolore degli altri, l’incapacità di curare le ferite del
prossimo. Sulla croce, prima di emettere l’ultimo respiro, Gesù consegna alla
Madre il discepolo che più si sentiva amato, Giovanni. «Gesù allora, vedendo la
madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna,
ecco il tuo figlio!”». È questo il tema che guiderà, per il prossimo Venerdì
Santo, l’antica e commossa processione di Gesù morto e della sua Madre
addolorata per le strade e i viottoli di Maddaloni. Cammineremo e pregheremo
nella speranza di aprirci al dolore degli altri e di imparare, sull’esempio di
Gesù e di Maria, a chinarci sulle sofferenze dei poveri e degli emarginati, di
coloro che sono esclusi da ogni conforto. Anche san Francesco piangeva al solo
pensiero che l’Amore – il Cristo crocifisso e risorto – non fosse amato
abbastanza dai suoi discepoli”.
“Il
Cristo che muore per noi non è soltanto il nostro compagno di viaggio, ma il
Figlio di Dio che muore in croce. Il suo essere per gli altri ha radici nel suo
essere Figlio.
– ha
proseguito la guida spirituale della comunità francescana di Maddaloni e della
provincia napoletana - La divinità di Dio si svela nel paradosso
della croce. Dio ha tanto amato il mondo da sacrificare il suo figlio unigenito
(cf. Gv 3,16). Il Crocifisso si è reso fratello delle persone abbandonate,
disprezzate, emarginate, oppresse. La croce, allora, è il segno della
solidarietà di Dio con gli ultimi. Il dolore di Cristo è il dolore di Dio e
porta anche i dolori del mondo. La croce di Gesù ci dice che Dio si rivela nel
suo contrario: non a partire dalla gloria, ma dal dolore del Figlio, dalla
kenosis. Il dolore di Gesù in croce ci dice che la sua forza non sta nell’amore
amicale per il simile e il bello, bensì nell’amore che si dona per l’altro
(agape). Il dolore di Gesù ci dice che è esistito soltanto un cristiano: il
Figlio di Dio sulla croce. La nostra fede prende inizio dalla croce del Figlio,
dalla nuda realtà di quel legno”.
“Maria
riconosce il suo figlio Gesù come colui che è consegnato dal Padre alla morte.
Gesù soffre l’agonia dell’abbandono e Maria partecipa di questo dolore.
Consegnando il Figlio si consegna anche il Padre. – continua il
Teologo napoletano francescano - Il Padre che l’abbandona e lo consegna
soffre la morte del Figlio nel dolore senza fine dell’amore. Il Figlio soffre
l’agonia, il Padre soffre la morte del Figlio. Il dolore del Padre è della
stessa intensità della sofferenza sperimentata dal Figlio morente. La mancanza
del Padre, che il Figlio prova, risponde alla mancanza del Figlio che il Padre
sente”.
“Sulla
croce, il Padre e il Figlio sono separati nel modo più profondo nell’abbandono
e, nel medesimo tempo, uniti nel modo più intimo nella consegna. Lo Spirito è
questo spazio-relazione – abbandono nella comunione – che lega Padre e
Figlio.
– conclude
P Edoardo Scognamiglio - La forma del Crocifisso è la Trinità. Dio
è amore incondizionato perché assume su di sé il dolore del mondo nel dolore del
Figlio. Maria, guardando al figlio suo crocifisso, comprende che Dio non vive
solo nell’aldilà, ma è anche nell’aldiquà. Non è soltanto Dio, ma anche uomo.
Maria comprende che la morte del Figlio è rivelazione del Padre. Ella comprende
anche che la persona che non sa amare non è neanche capace di soffrire. Chi non
ama è insensibile al dolore altrui, alle sofferenze del mondo.
Il
Cristo crocifisso sembra dirci pure che la forza del male è nella violenza e
che la sua debolezza sta nell’ingiustizia. Invece, la forza del bene è nella
pace e la sua debolezza o potere è l’amore di sé come dono”.
Guardando complessivamente al ciclo
festivo casertano possiamo dire che nel pomeriggio del Venerdì Santo, con la
processione del Calvario, per le strade cittadine si vive un momento partecipato
dall’intera comunità dei fedeli, che, commossa, intona canti e lamenti per la
morte del Figlio di Maria.
La processione del Cristo Morto e
dell’Addolorata di Maddaloni, in un passato anche non molto lontano, era vissuta
in città unitamente ad altre ritualità, come la Via Crucis, ed ancora le Tre Ore
di Agonia e la Desolata (negli ultimi anni queste tradizioni sono state
recuperate per intervento del Maestro Antonio Barchetta).
Una serie di elementi ci portano a
pensare che la processione del venerdì santo abbia avuto inizio, nella seconda
metà dell’ottocento e la documentazione d’archivio ci aiuta in tal
senso.
Storicamente la processione si
ricorda essere organizzata dalla Congrega dell’Immacolata Concezione, che ha
avuto origini e sede per i primi secoli proprio nella chiesa di San Francesco di
Maddaloni, da dove parte e rientra la processione, con opere e suppellettili
custodi nel medesimo luogo sacro.
La struttura della processione vede
il corteo religioso aperto dai bambini vestiti con camici rossi e neri
raffiguranti dei piccoli Cristo e Addolorata, seguiti da circa 300 comparse
femminili che camminano a piedi nudi e vestite a lutto, così come vuole
un’antica tradizione risalente al ’700; le donne recano tra le mani un simbolo
che richiama il dolore di Maria, l’Addolarata, per la morte di suo figlio Gesù;
segue una croce grande e il sacro lino della Sindone; poi giunge la banda
musicale con un coro maestoso e potente – di circa 100 persone – che intona un
canto e dei lamenti funebri . segue l’Ecce Homo, il Cristo dolente trafitto e
crocifisso; poi ancora il corpo del Cristo morto deposto dalla Croce e in ultimo
l’immagine dolorosa di Maria. Un bagno di folla chiude la processione con una
fila interminabile che conta più di migliaia di persone. Il percorso ideale
della processione nel tempo è stato quello che la vede uscire dalla chiesa di
San Francesco d’Assisi, proseguendo per via Concezione, via Bixio, piazza
Umberto I°, via Marconi, via Troiani, via Pignatari, via Roma, via Amendola,
Corso I° Ottobre, piazza Ferrara, via San Francesco d’Assisi, via Trivio San
Giovanni, via Ponte Carolino, via Cupa, via Fabio Massimo, via San Giovanni, via
Bixio, via Concezione.
Fonte: comunicato stampa
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