Il Cardinale Sepe in occasione del Te Deum di
Ringraziamento in Cattedrale, presenti il Prefetto, il Questore, il Vice
Sindaco e altre Autorità Civili e Militari. 31.12.2017
Senza i giovani non c’è futuro per il nostro Paese. Diamo
loro un segno di vicinanza, di attenzione e di predilezione. Non abbandoniamoli
al loro triste destino. Aiutiamoli a capire che con il male e la disperazione
tutto è perduto. Sosteniamoli e guidiamoli a recuperare fiducia in se stessi e
nella società della quale sono la linfa, la parte vitale.
E
allora, cosa fare concretamente? Mi permetto avanzare una proposta: creiamo un
tavolo di lavoro, eventualmente permanente come quello per l’ordine e la
sicurezza pubblica, magari con il coordinamento del Prefetto.
A questa proposta conclusiva l’Arcivescovo era arrivato
dopo aver sottolineato che “la mancanza di lavoro è la madre di tutti i
problemi. Problema che probabilmente non è estraneo a certi fenomeni gravi come
le zuffe e le sparatorie tra ragazzi durante la movida; come le rapine di
giovani ai danni di altri giovani; come la vile e gravissima aggressione,
subita proprio in questi giorni dal giovane Arturo, ragazzo a modo e innocente,
che mi propongo di incontrare presto unitamente alla sua famiglia.
In questi casi non si tratta di bravate o di bullismo. Non
si tratta di ragazzate. Questa è delinquenza che affonda le sue radici
sostanzialmente in quella tendenza al crimine che ha ben altre cause che vanno
dalla disgregazione delle famiglie, alla dispersione scolastica, alle amicizie
sbagliate, alla cultura della strada per la mancanza o insufficienza dei luoghi
che favoriscano la sana aggregazione e la corretta formazione, il confronto,
l’emulazione, la buona compagnia.
Qui siamo in presenza di vere baby gang della cui nascita e
del loro imperversare ho lanciato l’allarme, ahimè!, in questi ultimi anni e
prima ancora nel 2012, allorquando auspicai una legge regionale per gli
oratori.
Ora cosa facciamo? Ci indigniamo, deploriamo, condanniamo,
malediciamo gli sbandati e le loro famiglie?
Tutti sperano nell’intervento delle Forze dell’Ordine, come
se la repressione sanasse i guasti di una società insicura e di famiglie malate
o inesistenti come tali. E comunque quale repressione ci può essere al cospetto
di bambini o ragazzi minorenni?
La questione, evidentemente, è ben più grave e seria, come
scrivevo nel 2012. Bisogna recuperare il ruolo e il valore della famiglia.
Bisogna agire sulla educazione dei ragazzi.
A chi deleghiamo il compito? Alla Chiesa? Alla Scuola? All’Amministrazione Carceraria? No,
non basta, tuttavia la singola azione di una delle cosiddette agenzie
educative. C’è bisogno di fare rete, di operare in sinergia perché tutti
insieme, Scuola, Famiglia, Forze dell’Ordine, Chiesa, Istituzioni, possiamo
passare dall’analisi alla terapia e aggredire il malessere di una infanzia e di
una gioventù che rischiamo di perdere per la mancanza di un presente convincente
e di prospettive incoraggianti.
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