Un parterre d’eccezione a Caserta nella gremita Aula Magna
del Liceo Manzoni, magistralmente diretto da Adele Vairo, per parlare di “Violenza e minori” ad una platea composta
prevalentemente da docenti di ogni ordine e grado di scuola. Il seminario di
formazione nazionale, che si è svolto venerdì pomeriggio 16 febbraio, è il
primo di una serie di incontri di approfondimento su temi scottanti promosso dal
Centro di Supporto per l’Inclusione (CTS) e dalla Scuola Polo per l’Inclusione
dell’Ambito territoriale, ovvero il Liceo Manzoni, in collaborazione con la Lega Italiana dei
Diritti Umani e il Centro Educativo “Regina Pacis”.
Al tavolo dei relatori Maria
Luisa Iavarone, docente di pedagogia all’Università Parthenope di Napoli e madre
di Arturo, il diciassettenne napoletano che il 18 dicembre scorso ha rischiato
di morire sotto i colpi di quattro coetanei, Fausta Sabatano Direttore scientifico del Centro Educativo “Regina
Pacis”, Mariangela Condello
Sostituto Procuratore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Alfredo Arpaia Presidente Nazionale del
Comitato di Onore della LIDU, Elisabetta
Biffi dell’Università Bicocca di Milano, Carlo Iacone, Comintato esecutivo nazionale della Lidu, Ignazio Gasperini Vice Direttore IPM di
Nisida.
Ha aperto i lavori la dirigente Adele Vairo che ha elogiato l’ottimo lavoro dell’instancabile
gruppo del Cts, una scuola nella scuola, e si è soffermata sulla vera e propria
emergenza socioculturale che la scuola sta vivendo in questo ultimo periodo. «La
scuola non deve essere lasciata sola per questo – ha chiosato la presidente del
Cts - abbiamo pensato di organizzare un
seminario di formazione per ascoltare le testimonianze di prestigiosi
relatori ed esperti opinion leader del settore e far conoscere le buone
pratiche, interrogarci e riflettere su cosa fare e come comportarci di fronte
alla recrudescenza di episodi di violenza che hanno come protagonisti gli adolescenti.
Con questa sera - ha aggiunto la Vicepresidente nazionale della LIDU - iniziamo un percorso che sarà un incipit di
una volontà di un progetto nazionale che deve vederci coesi, bisogna studiare
per affrontare insieme lo scottante tema del bullismo».
Il seminario è stato brillantemente moderato dalla
giornalista Fancesca Nardi, Direttore
di Appia Polis, amica del Liceo, che ha evidenziato il “pessimo, seppur vero
binomio”: violenza e minori, un fenomeno che bisogna affrontare insieme.
La prima testimonianza è stata portata da Fausta Sabatano, coordinatore scientifico del Cts, nella sua veste
di direttore scientifico del Centro Educativo Regina Pacis, da molti anni
impegnata, insieme ad un gruppo di esperti, tra l’altro presenti al focus, a
seguire i figli dei malavitosi napoletani in percorsi educativi preventivi in
zone ad alto rischio di disagio e di devianza. «Ci interroghiamo spesso sull’eccesso
di violenza dei giovani – ha detto la docente del Manzoni spiegando le ragioni
del seminario - abbiamo deciso di dar vita ad uno spazio di riflessione per far
parlare coloro che in questo momento vivono queste esperienze, persone che sono
accomunate dal coraggio che è al centro di tutto. L’approccio al problema deve partire
dal basso, dalle buone pratiche ed in particolare dal Metodo Integra proposto
dal Centro Educativo Regina Pacis. Come diceva Hannah Arendt – ha chiarito
Sabatano - going visiting, cioè
andiamo a vedere, a visitare per capire. Il Centro Regina Pacis ha tre centri
nel napoletano, di cui uno a Rione Traiano ed uno a Quarto, dove si trovano i
bambini disagiati, figli di camorra, i cui genitori sono in carcere o sono
malavitosi, che vivono una emergenza che dura tutta una vita e che non può
essere definita tale, sono seguiti da educatori, che ricevono a loro volta
formazione da esperti. La scuola deve essere innovativa e inclusiva, ma deve
essere anche un luogo dove ci siano formatori che hanno testa, cuore e braccia
per intervenire. Non è importante elogiare sempre il primo della classe,
bisogna dare solidarietà anche all’ultimo della classe».
Il focus ha visto anche l’intervento del presidente della
LIDU Alfredo Arpaia che si è complimentato
con la lodevole inziativa messa in campo dalla vicepresidente della Lega per i
Diritti Umani Adele Vairo, molto attiva in difesa dei diritti umani con una
particolare angolazione per i giovani. «La LIDU – ha affermato - ha capito
quanto sia importante investire sui ragazzi perché essi saranno la classe
dirigente del domani. Le tecnologie hanno fatto passi da gigante, i diritti
umani, invece, no - ha aggiunto – i giovani hanno sempre il cellulare in mano,
è sicuramente un bene enorme, ma non dobbiamo creare le condizioni che
blocchino le idee, i valori. La politica non è riuscita a risolvere questo
grave problema, non ci sono più ideali e i giovani hanno bisogno di essere
formati».
In proposito Arpaia ha reso noto che la Lidu ha un valido Progetto
Scuola molto all’avanguardia con slide che girano per le scuole in cui attraverso
vignette molto ben fatte gli studenti di qualsiasi grado e ordine di scuola
possono capire cosa sono i diritti umani e cos’è l’etica dei cittadini.
Anche Carlo Iacone, del Comitato esecutivo della LIDU,
ha insistito sul bisogno di educare i giovani sui valori dei diritti umani e
capire le linee guida per poter fare sinergia per risolvere questo annoso
problema. «Noi difendiamo i diritti umani - ha detto - la Lidu è a disposizione
con le sue strutture e le sue professionalità e interverrà con forza attraverso
le scuole per arrivare alle famiglie. Questo seminario è un inizio e la
presenza della mamma coraggio Marisa è un esempio da seguire».
La testimonianza più toccante, che ha suscitato applausi e
commozione, ma anche tanta ammirazione, è stata quella della mamma di Arturo, Maria Luisa Iavarone, che ha ricordato
la grande solidarietà che ha ricevuto da tantissime persone in questa strada
tutta in salita che sta percorrendo, soprattutto da docenti e formatori.
«Il dolore è un elemento di riscatto nella speranza che
queste cose non abbiano più ad accadere a nessun ragazzo della nostra comunità
– ha affermato - mio figlio forse rimarrà ferito per sempre, ma sono le ferite
dell’anima che rimarranno per tutta la vita dentro di lui. Arturo non è un
coglione che quattro bastardi hanno lasciato per terra - ha esclamato con forza
– ma il ragazzo giusto nel posto giusto, ed è così che questa storia deve
essere utilizzata per tutti: il male che segna è il male che insegna».
La professoressa di Pedagogia della Parthenope di Napoli ha rammentato
che dopo il violento episodio c’è stata una manifestazione che ha portato in
strada moltissime persone che hanno voluto essere solidali con Arturo e con lei.
Marisa Iavarone sa di essere molto scomoda e non nega di essere stata
minacciata, ma ha intravisto una via d’uscita in questo tragico avvenimento e intende
proseguire per la strada della legalità, con grande coraggio e temerarietà.
«C’è un’eclissi di genitorialità – ha poi aggiunto - che non
è solo sua, ma di tutti gli Arturo. Il contesto in cui vivono questi ragazzi
violenti è dovuto al fatto che non hanno un adulto responsabile che si prenda
cura di loro, questi adolescenti stazionano tutto il tempo per strada, vanno a
scuola ma non la frequentano, e si postano come adulti, eppure hanno solo 10 o
11 anni. Dobbiamo essere in gradio di fotografare il fenomeno di devianza
minorile, un fenomeno nuovo quello delle baby gang che si contendono
autorevolezza sul territorio».
La docente sottolinea la mancanza di relazioni tra le
istituzioni: scuola, famiglia e Stato e
chiede a gran voce serie politiche di welfare alle famiglie di questi giovani. «Il
reddito di cittadinanza – ha chiosato - va dato solo a quei genitori che in
modo responsabile seguono i figli, che onorano il patto di responsabilità
educativa con lo Stato. Dovrebbe essere tolta la patria potestà a coloro che
non riescono a educare in modo responsabile i figli. Questi ragazzi violenti
non dovrebbero stare nel centro di Nisida, ma in un carcere lontano dalla loro realtà».
Passando la parola all’altro relatore, la giornalista Nardi, elogiando
ancora una volta il coraggio della mamma di Arturo che fa diventare disciplina
il momento tragico che ha vissuto, ha detto esplicitamente che la televisione offre
un modello per i giovani. Esplicito il riferimento a “Gomorra”, con i suoi
dieci milioni di copie vendute.
Il sostituto procuratore Mariangela
Condello, dal canto suo, ha sottolineato l’importanza di queste tavole
rotonde per discutere e riflettere su questi gravi problemi. Il Pm ha
evidenziato la totale mancanza di attenzione da parte dei genitori: «Nelle
famiglie oggi non si parla più e non si ascolta; ogni giorno arrivano tante
denunce per maltrattamenti in famiglia, i grandi non si rendono conto che ci
sono i minori che, indirettamente, sono
vittime della violenza che vedono all’interno delle mure domestiche. Chi cresce
in questo contesto – ha rivelato - assorbe violenza e un domani sarà a sua
volta violento». Il Sostituto
Procutratore si è soffermata altresì sulla forte incidenza di separazioni nella
società dove i figli diventano oggetto di contesa tra i genitori e sulla
scuola, snodo fondamentale, che deve colmare lacune della famiglia e dare
stimoli ai ragazzi. Secondo il magistrato c’è troppa arretratezza culturale in
molti giovani del territorio con i quali ha dovuto confrontarsi i quali trascorrono
il loro tempo senza fare nulla e per 50 euro vendono addirittura la copia della
loro carta di identità. È importante allora la prevenzione per far capire agli
studenti le conseguenze a cui vanno incontro se intraprendono la strada
dell’illegalità.
Nel suo intervento Elisabetta
Biffi, ricercatrice in pedagogia all’Università Bicocca di Milano, ha chiarito che la violenza
dei minori sui minori è un problema educativo, un fenomeno mondiale che
colpisce tutti: «C’è, laddove c’è un bambino. La violenza è l’ombra e la ferita
dell’educazione, essa può essere anche psicologica e non solo fisica, è un
eccesso di potere. La storia della mamma di Arturo ci ha obbligati a guardare
in faccia la violenza e ci ha fatto capire che il mostro non è lontano da noi;
quello che è accaduto ad Arturo può succedere anche a tutti noi».
Ha chiuso gli interventi il Vice Direttore del Carcere di
Nisida, Ignazio Gasperini, che ha
spiegato che il Centro ospita i ragazzi dai 18 ai 25 anni di età che hanno
commesso tra i quattro e i cinque reati o un reato particolarmente grave. Sono giovani
che hanno imboccato la strada della devianza da molti anni e da molti
chilometri e ora il carcere è la loro ultima spiaggia. Ha conosciuto generazioni
diverse di ragazzi e ha confessato che già da qualche anno hanno avuto sentore
che qualcosa stava cambiando nella società.
«La scuola non può
fare miracoli – ha detto Gasperini che ha alle spalle 26 anni come educatore –
anche noi, che siamo tutelati dalla polizia penitenziaria, facciamo fatica ad
avere a che fare con questi ragazzi, immagino come facciano i docenti che non
sono neanche tutelati. La classe politica è poco attenta, la famiglia non è più
l’organo sociale per eccellenza, non bisogna addossare tutte le colpe alla
famiglia perchè oggi ci sono innumerevoli gruppi di contatto tra i giovani e si
fatica a seguirli. la famiglia tradizionale non c’è più e quelle allargate non
funzionano. Questi ragazzi hanno un’unica ideologia: il denaro, il potere; ripetono
sempre l’espressione: “amm parià”, devono divertirsi. Il modello – ha aggiunto
- è il clan malavitoso, loro mettono in conto il fatto di vivere poco, ma almeno
vivono alla grande». Per questi ragazzi, come ribadisce il vice direttore, la
criminalità è un ammortizzatore sociale: «Il film Gomorra c’entra, ma fino a un
certo punto. Gomorra ha rappresentato, almeno la prima serie, un fenomeno che
già esisteva, non è stata una forzatura, ma è la realtà».
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