Ultimo
appuntamento con Caserta FilmLab e il cineforum del martedì aspettando la
rassegna estiva che vedrà ancora l’associazione impegnata in una serie di
eventi sorprendenti, con tanti ospiti e tanto buon cinema.
L’ultimo film scelto è Father and Son.
Appuntamento domani, martedì 17 giugno, alle 18.00 e alle 21.00. Si tratta di una pellicola
di Hirokazu Koreeda, premiata dalla Giuria a Cannes 2013 e vincitrice del
titolo Miglior Film all'Asia Pacific Film Festival. E’ un film emotivamente
complesso che ritrae un dramma familiare con delicatezza e compostezza
tipicamente orientali e che sa toccare nel profondo. Giappone. Nonomiya Ryota, (interpretato dal
cantante pop Masaharu Fukuyama), è un professionista di successo, abituato a
lavorare sodo e determinato a ottenere sempre ciò che vuole. Un giorno, però,
lui e la moglie Midori (Machico Ono) ricevono una telefonata dall'ospedale in
cui sei anni prima hanno fatto nascere il loro piccolo Keita (Keita Nonomiya) e
vengono informati del fatto che, a causa di uno scambio di neonati, stanno
crescendo il figlio di un'altra coppia la quale ha con sé il loro figlio
biologico. Le due famiglie, lontanissime per estrazione sociale e modus
vivendi, iniziano a frequentarsi con la prospettiva di dover decidere, entro qualche
mese, se tenere ciascuna il bambino accudito per sei anni o riprendersi il
figlio naturale. In maniera lenta,
imperscrutabile ed efficace, il dilemma straziante al centro del film si
insinua nello spettatore sfilacciandone le poche certezze, perché è indubbio
che si interroghi su che cosa farebbe trovandosi al posto dei protagonisti del
film. Le domande poste hanno un peso universale. E' il legame di sangue a
definire un rapporto tra padre e figlio o il tempo trascorso insieme? I
sentimenti creati nel corso di anni possono essere cancellati? Con precisione
chirurgica il regista rende tangibile questo limbo di affetti, in cui a
spiccare è soprattutto il conflitto tra i capofamiglia che incarnano due figure
genitoriali agli antipodi: per Ryota, un perfezionista completamente sprovvisto
di empatia, essere padri significa educare con rigore alla disciplina, al
sacrificio e alla competizione, mentre per il trasandato ed infantile Yudai è
passare quanto più tempo possibile a giocare in spensieratezza con i propri
figli. Il regista esplora, attraverso i personaggi e con il commento musicale
delle Variazioni Goldberg di Bach, ognuna delle possibili vie d'uscita da una
situazione che, comunque vada, rende tutti sconfitti. Con grande lucidità e
senza mai virare verso sentimentalismo o melodramma, vengono cesellate le
personalità di adulti e bambini, lasciando che i loro pensieri e turbamenti
interiori affiorino da sguardi e piccoli gesti. E' davvero toccante osservare i
piccoli alle prese con cambiamenti che non sono in grado di comprendere. La
messa in scena è tanto equilibrata che non si parteggia mai, nel corso del
film, per una soluzione in particolare e neppure per una delle due famiglie. Si
è, semplicemente, spettatori impotenti davanti a questi cuori sospesi che
lentamente cercano riferimenti per scegliere tra il sangue e l'affetto. Un film
molto ben realizzato e con performance attoriali meravigliose, che invita a
trascorrere più tempo con i propri figli e suggerisce che si diventa padri
quando ci si specchia negli occhi di un bambino che ci vede tali.
Fonte: comunicato stampa
Nessun commento:
Posta un commento