BENI
COMUNI E DEMOCRAZIA PARTECIPATA, VENERDI' DA COFFEA
LA
“RIVOLUZIONE NAPOLETANA” DELLA GIUNTA DE MAGISTRIS
Già diverse
volte durante questo lungo (e finora solitario) cammino verso le elezioni comunali
di giugno prossimo, Speranza per Caserta ed il candidato sindaco Francesco
Apperti hanno parlato della necessità di avere “cittadini azionisti”
per una città partecipata. Ed è proprio in questo senso che si inquadra
l'importante incontro in programma venerdì 18 (presso “Coffea”, via San Carlo
48, ore 18.00) con l'assessore all'Urbanistica ed ai Beni Comuni
di Napoli, Carmine Piscopo. Fin dal suo insediamento, infatti, il
sindaco De Magistris ha ritenuto di importanza strategica temi come i
beni comuni e la democrazia partecipativa, ed i fatti hanno seguito le parole:
la creazione di un assessorato “ad hoc” con a capo Alberto Lucarelli,
costituzionalista ed esponente del movimento dei beni comuni, la modifica dello
Statuto del Comune e la creazione dell’Osservatorio sui Beni Comuni, la
nascita delle Consulte popolari. Nel 2014 poi, su impulso dell'assessore
Piscopo (subentrato nel frattempo a Lucarelli) e del collega al Patrimonio,
Fucito, vengono approvate due delibere di giunta “rivoluzionarie”. Le
delibere sono “gemelle”: riguardano entrambe il recupero e l'uso sociale di
spazi, beni ed immobili abbandonati e degradati, la prima relativamente al patrimonio
comunale, la seconda a quello di proprietà privata. Il primo provvedimento
è stato approvato anche in Consiglio Comunale un anno fa, ed è quindi
pienamente vigente, mentre il secondo, quello dal contenuto più deflagrante
poiché va a toccare la proprietà privata, è ancora in sospeso.
Quale
percorso è tracciato in questa proposta? Si parte dalla individuazione (anche
attraverso strumenti e metodi di democrazia partecipata) di beni immobili e
terreni di proprietà privata in stato di abbandono e, quindi, in grado
di compromettere il decoro ma anche le condizioni igienico-sanitarie e
ambientali degli abitanti circostanti. Il Sindaco, poi, invita i proprietari ad
ripristinare la “funzione sociale” del bene entro un termine di cinque
mesi. Se i proprietari rimangono inerti, li diffida ad attivarsi entro un
termine perentorio di due mesi. Se nonostante ciò non vi sono segni di
attivazione i beni vengono acquisiti al patrimonio comunale e, interpellate le
Consulte, se ne individua una specifica “destinazione civica”.
Potrebbe
sembrare una pazzia, invece le basi del ragionamento poggiano solidamente sulla
nostra Costituzione (che non smette mai di stupirci). Le norme del
codice civile sulla proprietà sono infatti subordinate alle norme di ordine
pubblico economico, degli artt. dal 41 al 44 della Costituzione, le quali
sanciscono la prevalenza della “utilità sociale” e della “funzione
sociale della proprietà” sull’interesse privato: in particolare, l’art. 42
al comma 2 prescrive che la “proprietà privata è riconosciuta e garantita
dalla legge” al solo “scopo di assicurarne la funzione sociale e di
renderla accessibile a tutti”.
Saranno
presenti all'incontro rappresentanti delle varie realtà cittadine che in questi
anni, tra mille ostacoli e difficoltà, hanno testardamente condotto vertenze
per il recupero e la fruizione pubblica di beni e spazi inutilizzati, tra gli altri
il centro sociale Ex Canapificio, il Laboratorio Millepiani, il
comitato “Città Viva” ed il collettivo studentesco SCIRA.
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