Annalisa Durante aveva 14 anni. Un
angelo biondo con i sogni spensierati e colorati tipici di un’età che si
affaccia alle nuove scoperte. Annalisa abitava nel difficile quartiere di
Forcella, e la sera del 27 marzo del 2004 si ritrovò nel bel mezzo di uno
scontro a fuoco tra bande rivali per l’egemonia della zona: due scooter
sfrecciavano tra i vicoli, quello degli inseguitori e quello di Salvatore
Giuliano, 19 anni, rampollo del clan che da anni gestiva i traffici illeciti a
Forcella. La ragazzina fu raggiunta per disgrazia da alcuni proiettili vaganti:
le sue condizioni apparvero immediatamente critiche e fu portata di corsa in
ospedale. Dopo giorni di coma, Annalisa spirò.
Voglio riportare il racconto di
una famiglia distrutta, di una madre e soprattutto di un padre, Giannino, che
non riusciva ad arrendersi alla terribile idea di non aver più una figlia,
strappatagli via nel modo più ingiusto e crudele.
Conobbi Giannino qualche tempo
dopo il triste fatto e mi raccontò frammenti salienti e drammatici degli ultimi
momenti in cui la vita di Annalisa era appesa ad un filo e delle scelte che ha
dovuto prendere subito dopo la sua morte. Ne parlava ancora con occhi lucidi,
velati di malinconia; la sua era una bambina allegra, dolce, gentile, amante
degli animali, sempre alla continua ricerca di un cucciolo da salvare: Annalisa
sognava una famiglia e una casa con una sorta di zoo in cui poter aver cura di
animali piccoli e grandi.
Sorrideva Giannino mentre
ripensava alla sua Annalisa, alla sua “criaturella”, come continuava a
chiamarla. Infastidito dalla descrizione che ne fece Saviano nel suo libro
Gomorra, Giannino cercò di raccontarmi tutto il bello e tutto il buono che la
sua Annalisa era stata in vita e come, anche dopo la sua dipartita, fosse una
presenza costante, una sorta di fiamma che continuava a scaldargli il cuore e a
infondergli coraggio.
Quando, dopo giorni di coma, i
medici gli dissero che non c’era più nulla da fare ma che avrebbero potuto
donare gli organi, Giannino, disperato, fuggì via dall’ospedale, corse a casa
nella speranza di trovare il coraggio per dire addio alla sua bambina, per
prendere una decisione: era un dolore troppo grande, una rinuncia innaturale.
Chiese ai medici di poter conoscere l’identità di coloro che avrebbero vissuto
grazie al dono di Annalisa, ma ovviamente non gli fu concesso per questioni di
privacy. Accadde però, mi disse Giannino in lacrime, che una presenza
rassicurante, una figura femminile avvolta da un manto celeste, proprio al
momento di firmare i moduli per autorizzare l’espianto degli organi, gli diede
coraggio e improvvisamente smise di tremare. Giannino colse quell’apparizione
come un segno di Annalisa, un messaggio d’amore e di pace: durante il tragitto
di ritorno a casa pianse tantissimo.
Giannino mi raccontava con
emozione di quei momenti ed anch’io non riuscii a trattenere le lacrime, perché
da padre riuscivo solo ad immaginare tutto il dolore che si può provare, tutto
il coraggio che si deve trovare per andare avanti. Un genitore non dovrebbe mai
sopravvivere al proprio figlio, è una perdita troppo grande per poterla
descrivere.
Sette persone sono state salvate grazie
al gesto della famiglia di Annalisa, angelo biondo. Giannino ora a Forcella ha
una missione che porta avanti con determinazione e progettualità: rendere la
città un posto migliore, tentare di contrastare l’illegalità, seminare speranza
nelle coscienze per quel futuro felice che Annalisa sognava.
Dal dolore può nascere qualcosa
di miracoloso: Giannino non vuole arrendersi ed io con lui.
ON. Antonio DEL MONACO
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