Il 23 maggio del 1992, nel tratto dell’autostrada A29,
presso lo svincolo di Capaci, alle 17:58 oltre quattrocento chili di tritolo
fanno esplodere una Fiat Croma: perdono la vita il magistrato Giovanni Falcone,
la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Rocco Di Cillo, Vito
Schifani, Antonio Montinaro.
Lo scenario è devastante, sul manto stradale una voragine,
detriti e macerie ovunque. Quel giorno non solo la Sicilia, ma l’intera Italia
piangerà la morte di un uomo che, con coraggio e fermezza, dichiarò guerra alla
mafia. Sono scene che nessuno di noi dimenticherà.
Falcone non voltò mai la faccia dall’altra parte, non si
lasciò mai intimidire da minacce, pur consapevole dell’alto rischio che correva
ogni giorno; e più le sue indagini andavano avanti, gettando alcuni mafiosi
dietro le sbarre, più il ticchettio del conto alla rovescia incalzava,
diventava pressante, e i nemici aumentavano, non solo tra i mafiosi. Lo sapeva,
lo sentiva… osteggiato in ogni modo, ma non si è fermato: la giustizia doveva
trionfare. La verità prima di tutto, sempre.
Anni fa a Palermo incontrai la sorella di Giovanni Falcone,
Maria: l’emozione di quella giornata mi pervade ancora, è un ricordo speciale.
Mi portò tra le cose del fratello, nel suo piccolo mondo di memorie: oggetti,
carte, fotografie, trofei e medaglie sportive, diplomi…tutto parlava di lui,
sembrava presente lì, in quel momento, con noi. Maria, seduta di fronte, mi
raccontava e a me sembrava che fosse Giovanni a parlare, a raccontare di sé. Un
uomo semplice e unico al tempo stesso, con le sue fragilità, certo; ma forte di
quella motivazione che lo spingeva a fare del suo meglio, in nome di quel senso
di giustizia che accompagnava il suo vivere.
In questi giorni ho voluto ricordare solo alcune tra le
vittime consapevoli e inconsapevoli della criminalità organizzata; impossibile
citarle tutte, ma attraverso la scelta di alcuni racconti ho voluto rendere
omaggio ad ogni singolo innocente, per testimoniare il sacrificio, per non
dimenticarlo mai.
Sì, dimenticare… è un rischio reale, una possibilità
apparentemente più semplice: dimenticare, voltare la faccia, andare avanti con
la propria vita come nulla fosse, o, peggio ancora, come fosse tutto normale.
Normale.
Queste persone avevano una vita, una famiglia, delle
abitudini, come ognuno di noi; amavano, piangevano, sognavano… queste persone
non ci sono più, ma è nostro dovere morale portare avanti la loro battaglia,
ognuno nel proprio piccolo, attraverso gesti, parole, scelte: scegliere chi
essere, cosa fare.
Scegliere rende liberi.
Non è necessario essere un carabiniere, un prete, un
magistrato. Tutti noi possiamo e dobbiamo dire NO al crimine, all’illegalità,
alla corruzione, alla paura; tutti noi possiamo fare la differenza, uniti nel
coraggio, nella volontà di cambiamento. Tutti.
Dalla Chiesa, Petru, Annalisa, Peppino, Ammaturo, Nuvoletta,
don Peppe Diana, Falcone, e gli altri che non ho potuto nominare, sono angeli,
ed alcuni di loro sono veri e propri angeli della giustizia. Cosa siamo noi?
Cosa scegliamo di essere? Loro non hanno più possibilità di combattere, di
reagire, di scegliere. Non possono più farlo, ma lo hanno fatto; ci hanno
provato fino alla fine ed il loro esempio, il loro sacrificio non può essere
dimenticato, bensì onorato. Sempre.
Dunque scegliamo di essere le sentinelle di questi angeli;
scegliamo di essere le sentinelle della memoria, per non lasciar cadere
nell’oblio tutte queste vite, tutti questi esempi di coraggio e lealtà.
Indifferenza, omertà e diffamazione uccidono ugualmente. Non
cadiamo nella trappola, significherebbe essere complici di ieri, di oggi e del
domani.
Scegliamo oggi chi essere e che futuro volere per noi e per
i nostri figli. Scegliamo la verità.
Per non dimenticare.
On. Antonio DEL MONACO
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